26 febbraio 2010

Come si salutava

Ciao a tutti e ben ritrovati, ci ho messo un po' a documentarmi come si conviene sul modo con cui una volta ci si salutava nelle varie circostanze e ho raccolto davvero una marea di materiale [almeno questa usanza era sufficientemente documentata ^.^], il problema semmai è stato organizzare il tutto in maniera
Ecco un dandy che si presenta alle ragazze di un ballo
comprensibile... le mie capacità in fatto di sunti, riassunti e similari lasciano molto a desiderare, è un problema con cui convivo da quando frequentavo le elementari, ma ultimamente mi sta dando più grattacapi del solito, con il risultato che i miei colleghi mi hanno soprannominata "Manzoni" perchè le mie mail sono sempre chilometriche e col fatto che scrivo post al limite del terrorismo informatico per pesantezza e inutilità.
Probabilmente in un futuro decisamente vicino il Governo mi arresterà per aver intasato la rete con la mia roba, intanto va bene tutto pur di non occuparsi dei problemi seri...


Bene, questo sembra un ottimo motivo per non dilungarmi sui dettagli personali e arrivare al sodo della questione [il brutto di seguire un blog di approfondimento e non un blog personale... -.-].
Dunque parliamo del saluto, del modo di incontrarsi e di cosa si diceva.
Il saluto era un vero e proprio simbolo sociale, fondamentale per una cultura come quella Georgiana basata sull'apparenza e, quella Vittoriana, sulle regole e le buone maniere: nonostante il periodo Georgiano e quello Vittoriano siano tra i più diversi del mondo, anche se consecutivi, essi avevano in comune diverse formalità sociali che non si persero per lungo tempo.


Come ci si salutava
Salutarsi, gesto elevato a vera e propria arte, aveva una serie codificata, regolamentata, di movimenti e frasi fatte, argomenti, situazioni schematizzate a mo' di flowcharter che andavano rispettate alla lettera.
Le regole variavano a seconda della formalità del contorno e dei personaggi, naturalmente cambiavano col sesso e con le circostanze.

The salutation - Il saluto
Partiamo dall'esempio base: due uomini che si incontrano in un contesto informale, ad esempio per strada. Premetto che andando con esempi reali è più facile avvicinarsi alle abitudini e alla cultura che si era sviluppata.

A seconda del tempo che essi avevano a disposizione e del grado sociale (ad esempio due borghesi potevano essere moderatamente impegnati, mentre due aristocratici probabilmente erano in giro per una passeggiata), questi avrebbero potuto limitarsi ad un cenno del capo, che stava per un inchino abbozzato, sollevando appena il cappello dalla testa o toccandon la tesa con la mano destra, per poi e proseguire per la loro strada:
Se i due sceglievano di fermarsi per i convenevoli e le frasi di rito, allora la faccenda si faceva più complessa: non immaginate inchini e flessioni stile Arlecchino, ma i due dovevano piazzarsi l'uno di fronte all'altro, levarsi il cappello con la mano destra e abbozzare un inchino piegando la schiena, mantenendola rigida. Era consigliabile, per essere precisi, avere il piede sinistro leggermente arretrato, più o meno in quarta posizione.
Gentiluomo che si leva il cappello
A quel punto i due uomini potevano decidere dis tringersi anche la mano, ma quello era un gesto che sottintendeva una discreta confidenza e, specialmente in epoca Georgiana, un rapporto stretto come la parentela, ma questo lo approfondiremo nella sezione sotto.

Se i due gentiluomini erano accompagnati, quello era il momento di presentare i rispettivi accompagnatori/accompagnatrici, ricordiamo che le regole della presentazione prevedono che sia l'uomo ad essere presentato alla donna e i più giovani ai più vecchi.

Fatto ciò ci si poteva lanciare in qualche frase di circostanza: il tempo, le cose mondane, l'ultima circostanza in cui ci si era incontrati e notizie di carattere generale erano gli argomenti più quotati.
Molto gettonate le conoscenze in comune, ma questo topic era meglio adoperarlo solo se ci si conosceva abbastanza poichè era assai insidioso e si rischiava di fare figuracce e dire malignità.
Gentiluomini che conversano

Era considerato scortese escludere i presenti dalle conversazioni, ma anzi bisognava cercare di coinvolgerli nel discorso. se gli uomini erano da soli, potevano anche lanciarsi in qualche commento sulla politica o sugli affari o ad argomenti di carattere privato.

Passiamo ora ad un esempio di media portata: due donne che si incrociavano per la strada.
Per le donne evitarsi era una cosa molto significativa: voleva dire che si disprezzava l'interlocutrice e anche limitarsi ad un cenno del capo poteva essere considerato scortese o poco gentile, ma tollerabile nel caso esse fossero in compagnia, specialmente se la compagnia era del loro stesso rango.
Per le signore, ma in parte anche per gli uomini, valeva la convinzione che fosse il più importante o il più anziano ad accennare per primo il saluto, mai il contrario, era una grave mancanza di rispetto.
Signore a passeggio
Se avete visto il film Marie Antoinette diretto da Sophia Coppola, saprete che la Du Barry non può neanche rivolgere la parola alla principessa (quando Antonietta è ancora solo la moglie del Delfino di Francia, mentre l'altra è l'amante ufficiale del re) se non è questa a rivolgersi a lei per prima e la stessa Maria, su insistenza di Luigi XV, decide di salutare in maniera alquanto glaciale la donna solo per evitare che questa vada di nuovo a lamentarsi dal re, facendolo però ufficializza anche per la principessa la posizione della donna a corte e, soprattutto, verso il re. La Du Barry infatti è compiaciuta sebbene le parole della principessa siano state dette proprio seccamente.

Se le dame erano in buoni rapporti e si incontravano per strada, queste si salutavano come prima cosa facendo una piccola riverenza, non troppo vistosa, e si fermavano a parlare di futilità per la maggior parte della conversazione, rimanendo sul vago e il generale.
Se c'era molta confidenza, allora potevano parlare degli eventi mondani o degli ultimi pettegolezzi uditi in giro, così come del gossip cittadino.
Era consuetudine anche complimentarsi con le altre donne sul loro modo di vestire e, in particolar modo, sui loro accessori.

Assolutamente fuori discussione toccarsi, baciarsi le guance [io devo abituarmi ancora adesso a questa pratica tra amici ed amiche, non so mai quando è appropriato, specialmente con i ragazzi] e stringersi le mani come si fa al giorno d'oggi per le presentazioni.
Era consuetudine prendere la propria interlocutrice per gli avambracci per esprimere la propria felicità ad una notizia, solitamente per la nascita di un bebè o per il suo stato interessante.
Il saluto - uomini e donne
Molto educato era chiedere informazioni sui parenti e le parenti, i genitori, fratelli, sorelle e cugini di rilievo, specialmente se si era già stati presentati. Non domandare mai del fidanzato o della famiglia di lui, era ficcanasare senza ritegno, lecito invece rivolgerle la domanda "a quando le nozze?", sebbene essa potesse essere anche una malignità, specialmente se non c'erano stati pettegolezzi di sorta in giro, serviva a sottolineare che lui non la desiderava realmente, una forma di vendetta e gelosia, insomma.

Finiamo poi con l'esempio più arduo: uomini e donne che si devono salutare mentre sono in giro e si incrociano.
È la donna a dover fare la prima mossa, un uomo che cerca di salutare una donna che non gli ha fatto segno di essere bendisposta era considerato un abbordaggio molto volgare.
La donna doveva fare un cenno all'uomo, questi doveva cambiare la direzione di percorrenza per andarle incontro, salutarla con un inchino (evitabile se l'uomo non era giovanissimo o particolarmente più importante di lei) levandosi il cappello con la destra e sorridere. I piedi in quarta posizione.
La donna rispondeva con una riverenza, a quel punto si procedeva a presentare eventuali compagni/compagne che si avevano con sé, se non si conoscevano già.
Signore a passeggio
Se l'uomo conosceva entrambe le donne doveva salutare prima la più in alto nella gerarchia o, in alternativa, la più anziana. Ciò non voleva dire che snobbasse la giovane, erano solo le regole per procedere.
Se un uomo faceva il contrario, magari dopo aver manifestato un certo sentimento ricambiato per la fanciulla, era considerato molto romantico, ma ugualmente poco educato.

Se le donne procedevano con la loro passeggiata e manifestavano l'interesse ad avere il gentiluomo come compagnia, questi doveva cambiare i suoi piani e fare un tratto di strada con loro, adducendo eventualmente una scusa per scappare dopo una decina di metri ed essersi informato dei parenti.

Uomini e donne solitamente non si fermavano a chiacchierare a lungo perchè era considerato sconveniente.

Se una coppia di fidanzati era a passeggio insieme, allora potevano evitare di fermarsi, limitandosi ad un cenno del capo, ma questo era molto maleducato nei confronti di coloro che erano gerarchicamente più in alto.

L'inchino maschile

Stringersi le mani
Stringersi la mano è un'abitudine da uomini, tra le donne era diffusa solo tra il popolo e, più massivamente, solo dopo le due Guerre Mondali, ma toccarsi è sempre stata una cosa che nelle donne era malvista.

Gli uomini si stringevano la mano destra, perchè? È un'usanza tardo romana o medievale, quando due uomini si incrociavano per strada sollevavano la mano destra per far vedere all'altro che non avevano intenzione di sfoderare la spada, andavano quindi in pace.
Stringersi gli avambracci invece era simbolo di vicinanza e alleanza; questi comportamenti sono rimasti nei secoli fino a noi, strano vero? Anche agitare la mano per dire "arrivederci" è un simbolo che viene da allora.


Ai balli e ai ritrovi mondani
Quando la situazione si spostava dalle strade alle sale da ricevimento, le cose cambiavano un po'.
Intanto la forma degli inchini che diventavano obbligatori e a cui il più importante poteva rispondere solo con un cenno.

L'inchino formale
Per gli uomini l'inchino era così fatto: si spostava il piede destro in avanti e, con la schiena rigida, si spostava il peso verso l'interlocutore, abbassando la testa. Non era necessario piegarsi di 90°, si calcola che un inchino di 30° o 40° fosse perfetto, chi si abbassava troppo dava l'idea di grossolanità e leccapiedi.
Nell'inchino la mano del gentiluomo doveva spostarsi sulla vita, come se stringesse la fascia o il panciotto. L'espressione doveva essere seria, niente sorrisi.

Per le donne c'era la riverenza.
Piede destro in avanti e leggermente più spostato a sinistra, piede sinistro indietro, leggermente a destra. La donna piedava le ginocchia sollevando appena l'orlo della gonna e abbassando contemporaneamente il capo di 30°. Sollevare la gonna serviva per fare in modo che il bordo non spazzasseper terra e per impegnare le mani, che non dovevano rimanere lunghe sui fianchi.
Per la ragazza era consigliabile sorridere.

La riverenza
Uomini e donne passavano più tempo tra inchini e riverenze che a danzare, questo perchè ci si inchinava quando ci si incontrava e anche quando ci si separava! Niente "beh, allora ciao eh!" e cose simili, ma tutta una procedura. Per allontanarsi si adduceva una scusa credibile.

Inchini e riverenze, inoltre, erano anche l'apertura del giro di danza, dove, specialmente nelle country dance si iniziava stando tutti su un'unica fila e facendo il cosiddetto Inchino di presentazione o di saluto, che era quello con cui i due si "conoscevano". [Quest'usanza è piuttosto curiosa, non credete? Almeno paragonata ai balli moderni come quelli da discoteca, dove i ragazzi si conoscono strusciandosi e ballando (???) a ritmo schiacciasassi ^_^ e per carità, non vuole essere un'offesa perchè anche io apprezzo la musica dance, sebbene non la balli per motivi di coordinazione braccia-gambe-raziocionio e non voglia umiliarmi più di quanto già faccia sembrando uno struzzo che vendemmia].


Una partenza con saluti
Quando si arrivava ad un ballo, ad una cena o ad un ricevimento era sempre educazione salutare la padrona di casa. Nel caso gli organizzatori non si trovassero all'ingresso ad accogliere gli invitati, cosa caduta in disuso dopo il periodo Regency, ma a salutare gli altri ospiti, oppure se si arrivava a festa già iniziata, era buona norma cercare con lo sguardo la signora e scambiare con lei un rapido cenno di saluto chinando il capo o abbozzando una riverenza per le donne, mentre gli uomini era preferibile che andassero a ringraziare di persona la donna, per accrescere la sua popolarità; naturalmente non si dovevano interrompere le conversazioni, ma doveva essere lei a degnare l'uomo della sua attenzione.

Solo in questi casi era consentito il baciamano. quest'usanza, romanzata anche troppo nei libri, era da adoperarsi solo con le donne sposate o con la fidanzata (la propria!), altrimenti era una avances scandalosa. Se si aveva un'amante ufficiale, erano consentiti atteggiamenti teneri nei suoi confronti (certo non gli sbaciucchiamenti al limite del porno che si vedono sui treni o per strada ^///^). Il baciamano era piuttosto intimo, non un gesto da prendere alla leggera.


Sia per strada che ai balli, se la dama era seduta, non era considerata una maleducazione se ella non si alzava in piedi per salutare, ma rimaneva accomodata, chinando il capo.

Questa usanza è valida anche nel galateo moderno, secondo cui una signora non è tenuta ad alzarsi nel caso le venga presentato qualcuno o un gentiluomo la saluti.


SI e NO
Cosa era maleducazione fare? Cosa invece era consentito? Ecco una lista come memorandum
  • Sì a salutare anche persone con cui non si aveva grande confidenza
  • Sì a salutare con un cenno del capo o un inchino appena abbozzato se si era in un ambiente informale
  • Sì ad un inchino più cerimonioso in ambienti formali e ricevimenti
  • Sì a chiedere informazioni sui parenti, specialmente se si è già stati presentati
  • Sì ad informarsi della salute dell'interlocutore/trice
  • Sì a chiedere delle attività ed occupazioni
  • Sì a levarsi il cappello per i gentiluomini
  • Sì a curare il modo in cui ci si inchinava
  • Sì ad una conversazione breve
  • Sì ad una conversazione accattivante
  • Sì ai piccoli complimenti di cortesia
  • Sì all'Inchino di saluto prima di una danza anche se ci si conosceva giò
  • Sì a fornire motivazioni e scuse plausibili nel caso non ci si possa inchinare [la verità è ottima]
  • Sì ad alzarsi in piedi per salutare qualcuno
  • Sì al baciamano alla padrona di casa
  • Sì ad aspettare la fine di una conversazione per salutare qualcuno
  • No a salutare persone con cui si era in cattivi rapporti
  • No a salutare persone più importanti, è un gesto che devono fare prima loro
  • No ad inchini troppo elaborati in ambienti informali, è ostentazione e dà l'idea di comportamenti affettati e snob
  • No ad un uomo che saluta per primo una donna
  • No ad avances maschili nei confronti delle signori
  • No a complimenti fuori luogo
  • No a trattare l'interlocutore/trice con troppa superiorità, anche se è di gerarchia inferirore
  • No ad essere troppo espansivi
  • No ad escludere i presenti dalla conversazione
  • No a chiedere informazioni sui conoscenti, a meno che non si tratti di malattia
  • No ad essere troppo invadenti
  • No a due donne che si stringono le mani
  • No ai baci sulla guancia
  • No a parlare a qualcuno prima di essere stati presentati
  • No a spettegolare troppo crudelmente
  • No a parlare di eventi in cui l'altro non è stato invitato
  • No alle vanterie
  • No a chiacchierate di ore, per quello ci sono le visite
  • No ad unirsi ad un gruppo o ad una persona, se non si è invitati
  • No alla passività degli accompagnatori
  • No alla monotonia del discorso
  • No a saltare l'Inchino di saluto se ci si conosceva già
  • No ad inchinarsi con le gambe unite
  • No ad essere troppo rigidi, dà segno di altezzosità
  • No a smorfie
  • No al baciamano ad ogni signora o signorina che s'incontra
  • No ad interrompere le conversazioni per salutare qualcuno
bene, adesso scappo, bacioni a tutti quanti, ci vediamo presto!

Saluti! (tanto per rimanere in tema ^_^)



Mauser

24 febbraio 2010

Come si parlava due secoli fa: Tu, Lei e Voi

Su suggerimento di Nari, ecco che mi lancio nella contemplazione di come si parlava e discorreva un po' di secoli fa.
E per l'occasione inauguro anche la nuova rubrica Come si fa? con relativa iconcina, dedicata a come facevano le cose i Victorians.

Si tratta di un argomento complesso perchè le lingue hanno molte sfumature, proprio del periodo in cui vengono utilizzate, così se noi "parliamo come mangiamo", come si suol dire, a volte abbiamo difficoltà a comprendere il linguaggio forbito e rocercato che tanto si utilizzava una volta.

Ovviamente la lingua che parliamo è anche figlia del mestire che facciamo e della nostra classe sociale, ecco quindi come un linguaggio commerciale sia privo di ridondanze di sorta per quanto riguarda il discorso in sè, ma cerimonioso oltre ogni dire nella fase dei saluti.

Un giornalista, invece, deve avere un tipo di prosa accattivante per il lettore, diretta ed immediata, spesso sacrificando un po' la forma in favore dello stile [con questo non voglio dire che essi siano tenuti a fare un fascio di tutti i congiuntivi della nostra bella lingua e mandarlo al rogo: ASSOLUTAMENTE NO! Le costruzioni alla Fantozzi sono deprecabili in bocca a chiunque, ma bisognerebbe multare chi scrive di mestiere perchè, a mio avviso, con questa pubblicità di congiuntivi inesistenti e gerundi pesanti non si fa altro che ammazzare la grammatica e la lingua stessa, rendendola inutile].

Insomma, ciascuno deve esprimersi secondo estrazione e professione e lo stesso era per il passato, dove, era in voga dire, un gentiluomo lo si riconosceva dal suo modo di parlare. Ecco come mai un sacco di ladri riuscivano ad infiltrarsi ai balli spacciandosi per il Visconte di qualcosa o il Baronetto di qualcos'altro, svaligiando la cassaforte.

Come si parlava quindi era un fattore soprattutto sociale e variava da uomini e donne e, soprattutto, dal proprio interlocutore.

Il desueto Voi
Dare del Voi nella società di oggi è come prendere per i fondelli qualcuno.
Nel passato, invece, fin dal Medioevo, esso era la forma di corteria per antonomasia. Il Lei, che vedremo più avanti, non aveva lo stesso significato di rispetto e reverenza.

Il Voi era usatissimo da tutte le classi sociali, ma nello specifico, era strausato dalla nobiltà e nell'alta borghesia, dove ci si rivolgeva abitualmente ad altri con questa forma così cerimoniosa. Nello specifico era cosa comune che un uomo e una donna parlassero dandosi del Voi anche se si conoscevano da tempo, soprattutto nel caso uno dei due fosse di classe decisamente superiore, ad esempio la figlia di un vicario e il conte, oppure la marchesa e il nipote.
Saltuariamente era utilizzato anche il Lei, ma a differenza di oggi, era proprio questa forma a sembrare una presa in giro per il suo stare a metà tra formale e informale, senza delineare confini certi.

Il Voi era anche adoperato a iosa nelle case, tra moglie e marito non era cosa rara che i due si chiamassero per cognome, ad esempio la signora Bennett si riferisce costantemente al consorte chiamandolo Signor Bennett.
Questo è spiegabile anche con la poca confidenza che si aveva con il proprio sposo o la propria sposa, visto che la maggior parte dei matrimoni delle classi alte era combinato dalle famiglie e non certo nato per amore.

L'utilizzo del Tu era riservato ad ambito esclusivamente privato, ad esempio se marito e moglie stavano discutendo da soli in una stanza.

L'ironico, nobile Lei
Il Lei era la forma di cortesia "di mezzo". Esso si sviluppò tra Quattrocento e Cinquecento nelle cancellerie europee, supportato dalla forte influenza nelle corti del cerimoniale spagnolo.
In lingua inglese, tuttavia, il Lei, che si esprime con His/Her era adoperato esclusivamente in ambito di titoli nobiliari e reali, è ancora utilizzata, infatti, la forma Her Majesty con cui ci si rivolge alla regina Elisabetta (HRM -> Her Royal Majesty, ovvero Sua Altezza Reale), oppure anche His Grace, forma adoperata per i duchi che ricevono l'appelletivo di Sua Grazia.

Il Lei era la forma per i titoli nobiliari quando si parlava di qualcuno al di fuori della conversazione, per esempio l'annuncio dell'arrivo del Re o della Regina in Parlamento, oppure mentre si discute si Sua Grazia il duca.
Quando invece si stava discorrendo con qualcuno si adoperava la forma colloquiale, ovvero il Voi.

Ecco quindi che in una conversazione qualcuno poteva rispondere ad un complimento come
Sono lusingata dell'invito, Vostra Grazia
Oppure
Vostra Altezza è troppo buono con me

Mentre gli ospiti avrebbero commentato la cosa dicendo
È lusingata dell'invito di Sua Grazia
e ancora
Sua Altezza è troppo buono con lui

Altre forme poi cadute in disuso erano Their Gracious Majesty, tradotto come Le loro graziose maestà, adoperata al tempo di Enrico VIII che amava circondarsi di titoli pomposi ed altisonanti [appuntino: graziose non nel senso di carine e femminili, bensì con l'accezione di "pieni di grazia", ovvero di benevolenza da parte del Signore].

Ricordo che i titoli ecclesiastici come Eminenza o Eccellenza, che in italiano vengono coniugati a seconda della persona e sempre con la forma Lei, in inglese non sono preceduti dal relativo pronome possessivo, un po' perchè i titolari generalmente fanno poca vita di società e sono presenti in numero decisamente inferire a quello di altri Paesi di Fede cattolica piuttosto che anglicana.

Il colloquiale Tu
Il Tu era utilizzato solo negli strati più bassi della popolazione, dove tante cerimonie erano inutili, un mero spreco di energie e riverenze quando non ce n'era bisogno.
A parte tra il popolo, esso era adoperato anche in famiglia in ambito privato, come si è detto sopra tra coniugi oppure con i figli Tu sei il sangue del mio sangue!
Per il resto era poco usato perchè qualsiasi altro impiego era considerato una mancanza di rispetto che provocava lo sdegno dei presenti, dire
Sei sempre bella come un fiore
Alla propria zia era imperdonabile, ma bisognava invece dire
Siete sempre bella come un fiore
Specialmente in abiti particolarmente formali.
In quel caso, però, la zia poteva rispondere informalmente con un
Sei sempre stato un adulatore, Robert
Riferendosi al nipote, perchè lei era la più anziana e anche una parente.
Mentre se a parlare fosse stato un conoscente, allora lei avrebbe dovuto rispondere sullo stesso tono con un
Siete sempre stato una adulatore, Robert

Belle complicazioni, vero?
L'età e la gerarchia erano cose che non andavano mai dimenticate. MAI.
Il tutto si pul schematizzare con un: il più anziano usa la forma meno cerimoniosa verso il più giovane.
Il più importante fa lo stesso verso il meno.
Il meno importante o il più giovane era utilizzato ad adoperare quella forma particolarmente colloquiale solo su esplicita richiesta del proprio interlocutore [della serie: diamoci del Tu, ok?], ma era sempre preferibile che questi due mantenessero la forma rispettosa anche su richiesta; se avete visto Pirati dei Caraibi, di certo ricorderete che ad inizio film Will Turner ed Elizabeth Swan hanno una conversazione strutturata pressappoco come segue:

Will: buongiorno, miss Swan
Elizabeth: Will! Quante volte devo dirvi di chiamarmi Elizabeth?
Will: ancora una, miss Swan

Per rendere l'idea. Elizabeth si rivolge a lui con il Voi perchè lui è un uomo e non può mostrare troppa confidenza, ma l'utilizzo del nome proprio sottintende un legame duraturo e piuttosto profondo, cosa che naturalmente Will NON fa, visto che si tratta di un semplice fabbro innamorato della figlia del Governatore di Port Royal! Un disparità di classi abissale.

Di conseguenza, cosa se ne può trarre come insegnamento?
Che i Victorians erano inutilmente formali.

Poichè questo post si è rivelato più lungo del previsto, credo che a breve ci risentiremo con un post specifico sulle frasi utilizzate e un altro sui saluti, o almeno questa sarebbe la mia intenzione.

Bacioni e buona giornata!



Mauser

22 febbraio 2010

Come si diventa zitella?

Lo devo confessare: ero tentata. Tentata, tentatissima di rispondere al commento di Nari e cimentarmi in un bel confronto tra i sessi tra il post sulla zitella e quello sullo scapolone.
Ma avevo promesso questo approfondimento già ieri sera e ci tenevo ad essere corretta, tanto per dire che non sono una che spara una cavolata e poi me la dimentico... Cielo, a volte capita anche a me, però di solito no...

E dunque vediamo un po' questo post: perchè le ragazze diventavano zitelle? Escludendo la mancanza di materia prima, problema che purtroppo affligge anche la nostra società dove gli uomini seri scarseggiano quanto le veline intelligenti, vorrei analizzare uno per uno i punti che ho elencato nel post sulla Zitella.

La povertà
La povertà per una ragazza si manifestava sotto molteplici forme, ma poichè l'afflizione delle zitelle era prevalentemente della classe medio-borghese, la caratteristica prima di una ragazza povera era la mancanza di dote.
La dote per una ragazza era tutto e anche il marito ci allungava un occhio di riguardo perchè quei soldi, col matrimonio, sarebbero venuti a lui e avrebbe potuto usufruirne, ma chi se la piglia una che in cambio a lui non gliene viene niente?
Lo so, con gli occhi di oggi sembra assurdo, ma mettetevi nei panni dell'uomo: deve fare un matrimonio, deve farlo d'interesse per dare lustro alla famiglia ed eredi al casato, deve fare notizia, essere favoloso perchè più è favoloso e più vuol dire che lui è importante.
Se il signorino è ricco, beato lui, non avrebbe molti problemi, ma i ricchi tendono spesso a voler essere più ricchi e più nobili, quindi o lei ha la famiglia di sangue blu alle spalle o ha i soldi, meglio se ha entrambi, assolutamente da depennare se mancano tutti e due. .
E se fosse bella? In quel caso lui dovrebbe strafregarsene delle convenienze, mettersi in lite con la famiglia, rischiare di essere diseredato (e diventare povero)... ne varrebbe la spesa solo per un paio di begli occhi e un corpo da urlo? Il denaro, si sa, non fa fatica a trovare amore... e un'amante è molto più comoda.

Insomma, se l'amore non c'era davvero, difficilmente un uomo di allora si sarebbe preso in sposa una ragazza povera, poteva farlo giusto Mr Darcy perchè era lui e gli eroi dei romance, ma pochi altri...

Esisteva poi una via d'uscita: se la famiglia riusciva a mettere insieme denaro a sufficienza per la dote della figlia maggiore, ci si doveva augurare che questa sposasse un ricco partito e che, col suo nuovo denaro, aiutasse le sorelle minori dando loro la dote necessaria al matrimonio.
È poco pertinente perchè di ambientazione Tudor, ma al riguardo cito il libro Blaze Wyndham - l'amante del re, dove è proprio la protagonista che viene data in sposa al conte e poi questi fornisce il denaro anche per le (molte) sorelline.


Immoralità
Dire che la società vittoriana fosse bigotta è come dire che si è appena trovata l'acqua nel pozzo, un'ovvietà.
Inutile quindi soffermarsi troppo sul fatto che tenere comportamenti considerati disdicevoli rovinava la reputazione della ragazza, tanto che nessuno la voleva più.
Al tempo della Regina Vittoria erano due le cose importanti che una moglie doveva portare al marito: la dote e la sua verginità: pensate addirittura che ci sono stati mariti che dopo anni di matrimonio hanno osato accusare la moglie perchè quando si erano sposati lei non era più vergine! Peccato che lei fosse anche vedova... >_> insomma, gli uomini erano incoerenti.
Non che io disprezzi così tanto gli uomini che tengono alla verginità di una donna, è senz'altro romantico, ma se c'è l'amore, altrimenti non se la meritano!

Senza contare che fare sesso non era l'unico modo per essere immorali: tendenze al gioco, specialmente alle puntate pesanti, predilezione per l'alcool, scommesse, comportamenti poco fini come farsi vedere in carrozza con uomini quando non si era fidanzati (e anche allora i pettegolezzi fioccavano), uscire la sera scortata da un gentiluomo, ricevere visite maschili in casa senza l'adeguata compagnia di matrone e parenti e frequentare compagnie poco appropriate (dai volgari ai poveracci, passando per chi sta in mezzo) poteva distruggere una ragazza.

A questo proposito ci sono molte storie tristi di vite rovinate per semplici calunnie e dicerie: Emily Morton era stata una delle più graziose e ammoso giovinette della Stagione, sponsorizzata dalle matrone di Almack's e fidanzata ad un'ottimo partito. Ebbene, questa Emily aveva un difetto, era molto caritatevole, e i pomeriggi liberi, al posto che trascorrerli a parlare dei poveracci assieme alle varie signore delle fondazioni benefiche, preferiva recarsi negli orfanotrofi. Ebbene, questa povera creatura è stata distrutta dai pettegolezzi che la dipingevano come una donna lussuriosa dedita a pratiche sessuali illecite, che scompariva per giorni per mostrarsi nei bordelli, rendetevi conto!!!

Ma non erano solo le proprie pecce ad essere causa di rovina, anche quelle dei familiari influivano molto e spesso le sorelle pativano le pene per le scelleratezze di una di loro, come nel caso di Jane e Lizzie Bennett che, dopo la partenza avventata di Lydia con Wickham si rassegnano all'idea di rimanere zitelle perchè, come fa notare la stessa Lizzie, Lydia non ha rovinato solo se stessa.

Uscire dalle dicerie di immoralità era pressocchè impossibile, talune volte il matrimonio riusciva a tacitare la cosa, ma il più la donna soccombeva sotto i pettegolezzi malvoli e, nella maggior parte dei casi, si rovinava la vita.


Difetti fisici, psicologici e deformità
Parlando con mia madre è emerso piuttosto chiaramente come nella società moderna non siamo più abituati a persone affette da deformazioni e menomazioni fisiche. La scienza fa miracoli, di questo gliene diamo atto, tuttavia in passato era piuttosto comune avere a che fare, anche quotidianamente, con ciechi, sordi, zoppi, gobbi e quant'altro. Gambe di legno e protesi di sorta erano frequenti negli uomini, specialmente nei marinai, nei lavoratori delle fabbriche o delle miniere.
Ma non per i ricchi e i borghesi, che consideravano la bruttezza e la deformità un peccato e una colpa, una specie di punizione divina per le malefatte di quella persona o, in mancanza di argomentazioni sufficienti, del suo carattere terribile e della sua anima cattiva [cattivi saranno stati loro! Maledetti!].
Se un uomo aveva difetti fisici, le donne dovevano passarci sopra, poco importava che avesse una sola gamba, che non si reggesse in piedi, che volesse un erede quando era mezzo paralitico e troppo vecchio, era loro dovere morale e spirituale, obbligo imposto da famiglia e matrimonio essergli comunque devote.
Bel dire! Ma una ragazza brutta o con difetti fisici, se non accompagnata da una borsa capiente, difficilmente si sarebbe sposata e il peggio era che andava anche incontro al biasimo della società! Che ipocrisia!

Ogni tanto guardo il ritratto dei Duchi da Montefeltro, quello dipinto da Piero della Francesca raffigurante Federico da Montefeltro e Battista Sforza e il primo pensiero è sempre: "Mamma che ciospi!" [il secondo, un po' meno carino è "accidenti, ma lei è uguale alla mia compagna delle medie!"... ehm, sorvoliamo...]. Certo Battista cara non era una bellezza, ma la sua famiglia era ricca come Creso, quindi poco importava che fosse orribile... per le altre non c'era la stessa fortuna e spesso alcune donne vivevano tutta la vita sole perchè nessun uomo era stato capace di guardare oltre l'apparenza, che cosa triste...

Aquesto è da sommare anche il problema delle pazzie, sfortunatamente cosa comune nelle famiglie che si imparentavano spesso tra loro; folli, visionari, pazzi di sorta spuntavano all'improvviso, eppure se c'era il denaro gli uomini sposavano chiunque, guardate Mr Rochester, l'odioso protagonista di Jane Eyre (io odio quell'uomo) che è stato costretto a sposare sua moglie e poi, per la vergogna, la teneva rinchiusa in casa. Oppure pensate a Colin Craven, il cugino della protagonista de Il giardino segreto, che credevano tutti fosse moribondo ed era tenuto segregato nelle sue stanze.


Indipendenza ideologica e psicologica
L'intelligenza, si sa, sta sempre antipatica agli imbecilli e a chi vuole comandare.
Nell'epoca Vittoriana a comandare erano gli uomini, come nella preistoria, e quindi una donna con troppi pensieri rischiava di non essere gradita ai gentiluomini: perchè?
Perchè una donna istruita ed intelligente tende a farsi delle idee proprie e nel caso di un confronto verbale col marito, immagino sosterrà le sue opinioni. Ecco il primo segno di insubordinazione di una moglie rivoluzionaria ad un uomo che ha avuto addirittura il buon cuore di sposare quell'arpia! Quale sdegno!
Certo è che se una donna aveva idee sue e voglia di scoprire, viaggiare e conoscere, difficilmente andava d'accordo con lo stereotipo di moglie e madre modello, remissiva e disciplinata, sottomessa.
Certo anche una donna intelligente sogna il vero amore, ma che la apprezzi anche per le sue idee, per come pensa! Ecco perchè molte di quelle donne intelligenti non si sposavano: gli uomini disposti a tollerare ciò erano veramente pochi.
E leggendo le biografie di grandi donne, ci si rende conto che il più delle volte erano già sposati con una donna insignificante, che amavano teneramente la donna volitiva e coraggiosa, ma erano intrappolati in un matrimonio non voluto dalla solita famiglia impicciona, il più delle volte ben prima che i due spiriti affini si conoscessero.


Età avanzata
Passati i ventiquattro, almeno se la ragazza non era ufficialmente fidanzata, era quasi scontato diventare zitella, etichettate come "vecchie".
Ragazzine ochette si sposavano presto, troppo presto a mio avviso, passata la Stagione, tra i diciassette e i vent'anni le tacchinelle prendevano moglie e chi aspettava un uomo perbene... già, aspettava ancora.

C'erano donne che avevano raggiunto una certà età senza sposarsi per diversi motivi: innanzi tutto il prendersi cura di parenti più o meno invalidi o pazzi, che le aveva tenute distanti dalla vita sociale e dal "tunnel del divertimento-o-o", insomma, si erano comportate da brave figlie e brave nipoti mentre le sorelle le scavalcavano ignobilmente, si accasavano e poi le guardavano con pietà.
Vi esprimo un dialogo tipo:

Sorella maritata: papà era così buono gli ultimi tempi
Sorella zitella: ma anche no! Per farlo mangiare bisognava legarlo al letto
Sorella maritata: che crudeltà da dire! Pensa poverino che vita!
Sorella zitella: ma se non ha fatto altro che lamentarsi anche quando stava bene!
Sorella maritata: questa è proprio una cattiveria, non devi parlare male di lui! Invece dovresti pensare a sposarti, è perchè sei così acida che nessuno ti vuole
Sorella zitella: sono acida perchè ho passato la mia giovinezza ad occuparmi di un invalido mentre tu facevi balli e Stagioni
Sorella maritata: adesso la colpa sarebbe mia?
Sorella zitella: no, ma non hai assolutamente aiutato
Sorella maritata: io ho la mia famiglia di cui occuparmi, quindi dovevi farlo tu che eri rimasta in casa
Sorella zitella: lo facevo anche quando non eri sposata
Sorella maritata: io ho sempre aiutato babbo in casa e tu avresti dovuto lamentarti un po' meno e fidanzarti, andartene
Sorella zitella: e chi si occupava di papà, il gatto?
Sorella maritata: sei zitella perchè sei vecchia
Sorella zitella: sono vecchia perchè mi sono occupata dieci anni della mia giovinezza di un moribondo perchè tu potessi divertirti e sposarti, mentre io non potevo neanche uscire di casa
Sorella maritata: sei odiosa! ecco perchè nessuno ti vuole! E fanno bene, tu non li meriti
Sorella zitella: per fare da infermiera anche ad uno di loro? Piuttosto rimango da sola tutta la vita
Sorella maritata: sei la vergogna della famiglia

Non crediate che scene del genere fossero tanto rare, la sorella più giudiziosa generalmente era costretta ad occuparsi dei parenti mentre le altre si divertivano e quando a trent'anni si tiravano le somme sembrava quasi che non si fosse sposata perchè era acida, ma vorrei ben vedere dopo aver assistito degli invalidi recalcitrati! Niente contro di loro, ma non vi sentireste anche voi un pochino frustrati al vedere tutti che si divertono e voi che non potete perchè "qualcuno deve occuparsi di lui/lei e io non posso perchè ho una vita mia"?
Io sarei furibonda!

Senza contare che c'erano ragazze che magai avevano davvero aspettato il grande amore e poi, arrivate alla soglia della "maturità", ecco svanire l'idillio perchè quel principe azzurro magari non esiste.

Terza casistica, quella della malattia: ragazze fragili si riducevano dopo anni a sposarsi, come la Miss Anne De Burgh da Orgoglio e Pregiudizio che, cagionevole di salute, non è neanche in grado di arrivare fino a Londra in carrozza.

Insomma, su questo punto sono particolarmente acida perchè non tollero che una persona sia considerata troppo vecchia per fare qualcosa, specialmente se vecchia non è. Capisco che una gallinella allegretta sia di piacevole compagnia, come un cocker che fa le feste quando si torna a casa, ma alla lunga stanca, senza contare che molto spesso queste erano viziate ed oziose, insopportabili e che col tempo perdevano la loro allegria, ecco quindi perchè discriminare una ragazza perchè più anziana non mi sembra un motivo giusto, almeno finchè non se ne sono conosciute le circostanze...


Malelingue: dicerie, pettegolezzi
Non era raro che la reputazione di una ragazza venisse rovinata dalle malelingue che insinuavano e costruivano storie sulle poverine, specie su quelle che non erano figlie di parenti o amici e, se si aveva la fortuna di una zia da Almack's o in qualche altro circolo esclusivo, ecco che una ragazza si vedeva rovinata per sempre la sua vita.

Le malelingue erano particolarmente cattive, altolocate signore del ton si rivelavano spesso più pettegole delle comari di paese, insinuando, rivoltando le storie e arricchendole di particolari poco veritieri. Il più delle volte le storie che circolavano erano false dall'inizio alla fine, mentre si cercava di coprire quelle reali, specie se come protagonista avevano la solita contessina Serbelloni-Stauss figlia di una duchessa e così via.

Naturalmente queste storie calunniose non erano mai raccontate in faccia della poveretta che si vedeva derisa e snobbata dietro le spalle senza capirne effettivamente la ragione, finchè un'amica di buon cuore (se ancora ne aveva) non le raccontava ciò che si sapeva in giro.
Quante ragazze sono state rovinate così? Troppe, spesso anche grazie alla sapiente politica di matrimoni combinati, così se A e B dovevano sposarsi e la madre di C voleva che A e C si sposassero, rovinava B e il gioco era fatto: semplice no?


Ecco quindi in definitiva le motivazioni che spingevano una normalissima ragazza all'autodistruzione (per l'epoca), rimanendo zitella.
Il mondo delle zitelle ha origini tristi, come si è visto, ma il più delle volte odiose, ci si basava su particolari ad oggi inconcepibili e su dettagli irrilevanti. Ammetto di non comprendere quel modo di giudicare le ragazze, anzi lo aborrisco completamente considerandolo ingiusto, calunnioso, meschino ed infido.
E proprio per questo, credo che se fossi nata due secoli fa sarei stata senza ombra di dubbio nelle ZITELLE A VITA SENZA POSSIBILITA' DI RECUPERO.




Mauser





Ora scappo, un bacio a tutti quanti! Vi lascio solo una chicca (in inglese) che credo renda bene la mia opinione sulle donne e sui matrimoni: non scandalizzatevi, credo che ormai si sia scoperto che sono una femminista convinta ^_^

21 febbraio 2010

La zitella

Oggi ho ricevuto un commento molto interessante da Silvia, ve lo posto per maggiore chiarezza:


Silvia: Domanda un pochino ostica! XD

Le zitelle partecipavano ai balli? In base alla lettura di molti romance, mi sono accorta che queste donne, se vicine, che so, ai 30 anni, potevano fare da accompagnatrici alle ragazze più giovani, però dovevano limitarsi a osservare e basta? A loro non era concesso ballare, o cose del genere?

E se invece fossero state delle ereditiere? Per quanto stagionate, loro avrebbero avuto il diritto a "divertirsi"?

Intanto devo ringraziarla, l'argomento delle zitelle mi sta particolarmente a cuore (mi sento un po’ una di loro, anche se sono ancora giovane), approfondisce la situazione femminile dell'epoca e ne chiarifica alcuni elementi che risultano un tantino oscuri.

Purtroppo è un argomento complesso ed ero sempre stata riluttante ad approfondirlo perché richiede molta ricerca e molte conoscenze: cercherò di fare del mio meglio, dubito di riuscire ad esaurire il tutto in un unico intervento e anche di riuscire a dare a Silvia tutte le risposte alle domande che mi ha fatto, specialmente perché prima volevo introdurre l'argomento come si conveniva. Naturalmente questo andrà contro tutti i "5 consigli per un blog di successo" che lessi diversi mesi fa, dove era obbligatorio che un post non fosse lungo più di qualche paragrafo per non annoiare il lettore… uhm, a ben pensarci anche questa intro personalizzata sarebbe stata eliminata senza troppe fisime…


Ma torniamo all'argomento e cerchiamo un po' di capire chi fossero queste donne: le zitelle appunto.


Noi nel mondo moderno abbiamo poca familiarità con la "signorina" in questione, nel nostro mondo ci si sposa relativamente tardi, i figli e la famiglia non sempre sono al primo posto nella vita delle donne che ormai pensano alla carriera e ragionano come gli uomini, vanno in trasferta, programmano, danno ordini… nella mia ditta il capo dell'ufficio d'Ingegneria è una donna, una bella signora che assomiglia a Sigourney Weaver e di cui i miei colleghi maschi parlano tra loro dicendo "Quella sì che è una donna con le palle!" e passatemi la volgarità, ma vi sembrano commenti da fare su una signorina?!


Insomma, è tutto un altro mondo, anche non sposarsi non rappresenta una limitazione come in passato perché adesso quasi tutto quello che si fa da sposati lo si fa anche da noi e mi riferisco a: figli, sesso, divertimenti, ecc.

Un bel problema, quindi, affacciarsi ad un mondo dove le zitelle erano degli SCHERZI DELLA NATURA.



Come si diventa una zitella?

È un quesito che non deve essere preso sottogamba, non era così scontato rimanere zitelle, specialmente se alle spalle si aveva una bella famiglia con una bella borsa, ma era sufficiente anche quest’ultima.

Maritavano ragazze pazze, malate, morenti, di tutto insomma, se si era ricchi rimanere zitelle era arduo e bisognava scontrarsi coi propri parenti e la società.


Le ereditiere, già ricche per conto loro, a parte che era difficile che fossero completamente sprovviste di parentela maschile che le indirizzasse con più o meno sollecitudine in qualche direzione, potevano comprarsi ciò che volevano, ma purtroppo, come gli altri, non scegliersi le amicizie. Essere un’ereditiera e una zitella era difficile, dopotutto i cacciatori di dote erano sempre in agguato e sapevano essere molto persuasivi.

I motivi per cui una ragazza diventava (o rimaneva, se preferite) zitella, erano dei più disparati, analizzerò nello specifico qualcuno di questi in un altro post, altrimenti questo diventerebbe chilometrico, ma metto comunque l'elenco, secondo le motivazioni che, a mio avviso, influivano maggiormente.

  • Mancanza di dote o povertà della famiglia di appartenenza o crisi economica della stessa.
  • Immoralità di vario genere, specialmente sessuale, con costumi che si scontravano col principio di castità voluto dalla società (erano sufficienti le dicerie o le malefatte di qualche altra parente, ad esempio Lizzie e Jane Bennett rischiano di non sposarsi perché Lydia ha fatto una cosa immorale, in barba al fatto che le colpe dovrebbero ricadere su se stessi e non sulla propria famiglia).
  • Effettivi difetti fisici, cioè se la ragazza era deforme o particolarmente brutta e quindi non era voluta da nessuno.
  • Indipendenza ideologica/psicologica, che le portava a negare il matrimonio come guinzaglio oppure al non essere accettate
  • Dicerie su tutto quanto detto sopra e malelingue che insinuavano cattiverie
  • Età avanzata, magari per malattie, mancati accordi presi dai genitori, necessità di accudire parenti bisognosi e altro che avevano lasciato la ragazza ormai adulta, non più adeguata al ruolo

Premesso che non approvo nessuna delle cose che ho scritto sopra, mi rendo conto che le zitelle erano un problema piuttosto comune.



Quanti anni hai? La domanda tabù

L'età minima per essere zitella era 20 anni; prima si avevano ancora delle chance, dopo pure, ma se questa aveva già frequentato diverse Stagioni (solitamente due per non mandare nel ridicolo la famiglia con una figlia che non riesce a maritarsi) senza trovare l'anima gemella allora c'erano poche speranze.

Fino a 25/27 anni si taceva sulla cosa, mentre i parenti invocavano il miracolo tanto sospirato.

Oltre i 27 cominciavano le battutine e oltre i 30, come dice la santa Lisa Kleypas, "una donna entrava in lutto per la fine della sua giovinezza", quindi solo un miracolo ancora più grande l'avrebbe salvata, a dire della società.

Chi ha visto il film Insonnia d'amore con Tom Hanks, Meg Ryan e Bill Pullman forse ricorderà una frase che dice, pressappoco: "Tutti sanno che è praticamente impossibile per una donna trovare marito dopo i quaranta" ed è un detto piuttosto comune in America: ebbene, questo può essere trasposto anche in epoca Vittoriana, dove i maschi avrebbero sparlato della parente zitella o quasi divenuta tale dicendo "Lo sanno tutti che è praticamente impossibile per una donna trovare marito dopo 30, solo un miracolo potrebbe aiutarla", il tutto seguito da una serie di battutacce sulla poveretta che magari era sola per motivi indipendenti dalla sua volontà…



Problema sociale

Le zitelle hanno rappresentato, per la società britannica dell'Ottocento, un autentico problema di stato, analizzato da esperti, discusso in più e più aule, divenuto argomento di sociologia e molto altro. Perché?

Perché circa un quarto della popolazione femminile era zitella.

E perché lo era? Non si trattava di un'improvvisa moda del momento, bensì di un problema numerico, visto che la popolazione femminile inglese, come cita Lizzie Bennett in uno dei molti adattamenti cinematografici di Orgoglio e Pregiudizio, "Ha la maledizione di avere più donne che uomini" e per una società come quella di allora doveva essere proprio una maledizione!


Pensate avere circa un milione e mezzo di ragazze che, anche volendo, non possono sposarsi perché manca la materia prima, è orribile!

Un po' il problema inverso che sta nascendo in Cina con la limitazione delle nascite e l'ossessione di avere un figlio maschio anziché una bambina.

Le cause di questo accrescimento spropositato della popolazione femminile rispetto a quella maschile non sono chiare neanche agli storici, si ipotizza che esso sia la conseguenza delle Guerre Napoleoniche, dove molti soldati inglesi persero la vita, lasciando quindi sopravvissuta una popolazione largamente femminile, ma Waterloo fu nel 1815 e il riferimento è a dati del 1850-1860, quando il divario doveva già essersi appianato.

Nel 1851 e nel 1861 il Governo Inglese promosse un censimento decennale della popolazione per studiarne i problemi e cercare di risolverli.

Il censimento evidenzia tutti i problemi di un Paese investito da una crescita economica insostenibile.

Da quei dati e quelle cifre emerge una situazione difficile per le donne: analizzando la popolazione femminile adulta, che nel 1861 si aggirava sui sei milioni di persone, ecco quanto estrapolato

Maritate

3,488,952

Vedove

756,717

Zitelle

1,537,314

Per risolvere questo problema, definito anche negli atti ufficiali come il "Problema delle zitelle", il Parlamento promosse una serie di iniziative di "esportazione delle zitelle" verso le colonie del Commonwealth; molte signore e signorine, alla ricerca di un futuro migliore, si imbarcarono su navi dirette in Australia e America (sia USA che Canada), venivano chiamate Navi delle spose e dovevano andare a riempire il divario popolazionistico contrario che si aveva in luoghi come l'Australia e il West, dove le femmine erano merce rara e ce n'era molto bisogno per generare prole robusta che coltivasse, lavorasse la terra, mandasse avanti l'economia, specialmente quella americana inceppata dalla Guerra di Secessione (1861-1865).



Nella società

Il ruolo delle zitelle nella società vittoriana era inversamente proporzionale alla sua classe sociale: più si saliva e più queste erano viste come "stranezze" e considerate non del tutto normali, come se la loro condizione se la fossero creata, colpevoli, magari, di non essersi accontentate di un mediocre, laido partito dedito ad ubriachezza, sperperatore di dote, spiantato in canna, fallito negli affari, violento, ma disposto a sposarle in un attimo di magnanimità particolarmente generosa tra una bevuta e l'altra.

Il ruolo della zitella come emarginata sociale, comunque, è proprio della classe medio-alto borghese, dove si avevano la maggior parte dei casi e le figure più significative.

Questo perché la nascente, ricca, ma parvenu classe borghese, per darsi un tono, aveva fabbricato una lista di regole per le "signore" e le "signorine" in modo che fossero irreprensibili agli occhi degli aristocratici, che li giudicavano degli arricchiti, ma soprattutto per cercare di sposarle proprio a questi ultimi, nella famosa, eterna, guerra di potere tra denaro e tradizione.

Questo tentativo di integrazione da parte della borghesia creò la dicitura donna-angelo e donna-anima-del-focolare, dove si relegava la figura femminile ad un soprammobile della casa, privo di volontà e di libertà, sempre sottostante all'uomo di casa.

Le donne borghesi erano costrette ad adeguarsi senza poter battere ciglio, mentre le aristocratiche lo facevano per avere le credenziali per sposare un ricco borghese che avrebbe portato alla famiglia di lei denari e conoscenze e le avrebbe permesso di condurre la vita di agi e lussi per cui molte credevano di essere nate.

Ecco quindi come mai il disprezzo per le zitelle si fosse esteso così tanto e perché una donna non sposata fosse considerata con aggettivi orribili come

  • Strana
  • Scherzo della natura
  • Fallita
  • Perduta (nel senso di immorale)

Ma nelle classi minori, dove quello che contava era il lavoro, specialmente perché senza non c'era di che campare, era estremamente comune per una donna rimanere zitella.


L'Inghilterra fu vittima di un processo di industrializzazione selvaggio per quasi tutto l'Ottocento: vennero inizialmente introdotti i filatoi ed i telai meccanici, che diedero inizio alla produzione massiva di tele e tessuto, seguiti a ruota da molte altre invenzioni che sfruttavano l'energia dell'acqua e del vapore e le sue proprietà fisiche.

Nelle industrie di filati lavoravano moltissime donne, essere erano pagate meno degli uomini e col duro lavoro erano robuste come loro. Ad una donna assunta regolarmente non erano riconosciute né ferie, né malattia, tantomeno maternità, alcune non potevano sposarsi prima della fine del loro contratto di apprendistato (durata 10 anni a salario ridotto).

Insomma, costavano meno e producevano come gli uomini, erano impiegabili in tutti i settori.

Con un lavoro massacrante di almeno 10 ore a giornata è facile scoprire perché non si sposassero… (io lavoro almeno otto ore al giorno e a fine giornata non sono al top, tantomeno in vena di conoscere altrettanto stanchi uomini d'ufficio che implorano solo di dormire e una moglie che gli stiri i calzini).

Credo che molte di loro la valutassero la scelta più conveniente e non mi sento di contraddirle, almeno per il momento.

Benchè le motivazioni di queste donne fossero facilmente deducibili per chiunque avesse il cervello, esse andavano contro la figura di moglie e madre perfetta che la donna doveva essere, quindi la classe medio-borghese continò a guardare pietosamente le donne sole che abitavano un gradino più sotto di loro, senza considerare minimamente le loro motivazioni, non capendo che donne del genere non avevano bisogno di un uomo al loro fianco che regolasse la loro vita, anche perché credo che il datore di lavoro ci pensasse a sufficienza.



Dove impiegare una zitella

Negli strati più alti, comunque, le persone sposate facevano buon uso delle loro parenti non maritate: esse erano ottime accompagnatrici, chaperon impagabili per nipotine e cuginette al loro debutto che dovevano essere accompagnate, ma soprattutto tenute d'occhio, non perse assolutamente di vista.


Le zitelle facevano le veci dei genitori della ragazza, impegnati ad intrattenere le loro relazioni sociali, più o meno adultere, qualche stanza più in là: Occhi di Falco, insomma…


Le zitelle erano dipinte come vecchi e arcigne proprio per questa loro funzione del "stare sempre tra i piedi" nei momenti più interessanti della serata (a dire delle ragazzine), per esempio scoraggiando qualche cavaliere dal domandare un valzer alla loro protetta attraverso un intenso gioco di sguardi o sconsigliando alla ragazza di bere il quattordicesimo goccetto di punch al rum (ricordo che il rum fa in media 40°), ricordandole continuamente la cosa giusta da fare.


Non mi stupisce che le zitelle fossero rugose e intrattabili, costrette ad aver a che fare con ochette giulive calate a frotte dalla campagna, obbligate a fronteggiare l'umiliazione ed essere esposte al pubblico ludibrio senza accompagnatore ad una festa, cena o ballo che fosse, mostrando al mondo il loro fallimento come donne.

[Io già mi sarei rintanata in campagna e tanti saluti nipotina insopportabile!]


Anche vedere le ragazzine qualsiasi civettare e flirtare come loro non potevano più fare non doveva essere piacevole, immagino l'invidia di alcune allo scoprire che una ragazza decisamente stupida, molto più di loro, era riuscita ad accaparrarsi il marito.


Senza contare che queste gallinelle ancheggianti ed occhieggianti non erano sempre ben disposte a seguire i loro consigli, ricordando loro, con ben poco tatto, che era perché avevano sempre fatto la cosa giusta che non erano riuscite ad accaparrarsi un uomo. [Bell’affare, fossi io gli avrei allungato un paio di schiaffi, tanto le guanciotte rosse erano di moda @-.-@]

Anche stare alle feste non doveva essere piacevole: non potevano intrattenere una conversazione eccessivamente alta per non annoiare gli ospiti, non potevano ballare né avere comportamenti frivoli: ma allora che divertimento c'era?


Il mercato dei matrimoni, naturalmente!


Eccolo qui il loro divertimento. Il detto chi non sa fare insegna era dalla parte di queste donnette che si calavano nella parte di paraninfi per organizzare i matrimoni della Stagione, speculando sulle possibili combinazioni ed allestendo una specie di mercato delle scommesse sul matrimonio di questo e quella che avrebbe fatto invidia al Libro delle scommesse del White's, se solo gli uomini avessero saputo…


Esse infatti erano espertissime in quest'arte: gestendo loro le pupille era facile indurre un incontro, addirittura crearlo con lo spasimante, piuttosto che evitarne altri.

Divertite dai frustrati, goffi tentativi degli innamorati, le zitelle erano vittime di corruzione e mazzette alla Tangentopoli da parte dei giovanotti che le adulavano e le coprivano di doni pur di spuntare un incontro romantico con la loro bella, spesso suscitando l'ira e l'invidia di quest'ultima nei confronti della parente zitella.

Oltre a questo, nel caso le coppie scarseggiassero, c’era sempre l’ultima spiaggia: i pettegolezzi. Mai sentito di una zitella che non spettegola.

Volete farmi credere che non ci fossero pettegolezzi durante la Stagione mondana londinese? Neanche se me lo controfirmasse la Regina Elisabetta potrei credere una cosa del genere ^__^

Al di fuori della Stagione, le zitelle, se superata una certa età, potevano avere una discreta indipendenza, affittare casa, ricevere ospiti, costruirsi una loro cerchia di amicizie.

Se la zitella medio-borghese aveva sufficiente carattere da sapere cosa voleva dalla vita, a volte poteva ottenerlo.

Poteva avviare un'attività, magari un negozio. Poteva dedicarsi all'insegnamento delle signorine nei collegi specializzati o come istitutrice, poteva fare la scrittrice, come Jane Austen, darsi a qualcosa che la interessava.

In quest'ultimo caso, se la loro inclinazione non era giudicata particolarmente scandalosa (nell'ambito di quello che poteva NON essere scandaloso legato ad una zitella, visto che la sua stessa condizione lo era), allora questa poteva addirittura conquistare l'aiuto economico della famiglia, che pagava per allontanarla in modo da non dover mostrare troppo spesso la donna fuori dalle circostanze dove tornava utile.



Zitelle famose

· Jane Austen

· Charlotte Bronte

· Le sorelle di Luigi XVI

· Elisabetta I, Regina d’Inghilterra

·

Zitelle famose dalla narrativa

·

Anne Elliot

Jane Austen

Persuasione

Amanda Briars

Lisa Kleypas

All'improvviso tu

Sophia Sydney

Lisa Kleypas

L'amante di Lady Sophia

Mary Finch

Rose Melickan

Il codice Blackstone e altri libri della stessa saga

Claudia Martin

Mary Balogh

Semplicemente perfetto

Sophia Carlisle

Connie Mason

Il sapore del paradiso

Olivia Willow

Carolyn Jewel

Il segreto di Olivia

Libby Blue/Olivia Vanderhoff

Robin Lee Hatcher

La fuga di Libby

Catherine Blackewell

Pamela Clare

Schiavo del desiderio

Jane Marple

Agatha Christie

Tutti i libri della vecchietta impicciona che indaga

Charity Thornton

Judith McNaught

Ritrovarsi

La cugina Bette

Honoré Balzac

La cugina Bette

Bridget Jones

Helen Fielding

Il diario di Bridget Jones, dove lei stessa si autodefinisce "zitella lunatica"

Minerva McGranitt

J.K. Rowling

Harry Potter

Le protagoniste di Cranford

Elizabeth Gaskell

Cranford

Rachel Wardle

Charles Dickens

Il circolo Pickwick

Christabel LaMotte


Possession (film)

Probabilmente me ne sarò dimenticata moltissime, la mia memoria comincia a vacillare un pochino ^_^'

Tenete conto che, almeno per le letterarie elencate provenienti dai romance, il futuro della zitella è roseo, infatti, sebbene la loro condizione sia terribile agli occhi della società, queste troveranno sicuramente un uomo disposto a sposarle nonostante ciò; tanto per citare il romanticismo della faccenda, vi posto qualche riga presa da Il segreto di Olivia:

«Una zitella, Sebastian. Non più in giovanissima età, senza parenti maschi che possano provvedere al suo sostentamento, né madri dagli occhi di dragone che vigilino sulla sua virtù.»

E dire che Olivia ha solamente 24 anni… al giorno d'oggi una che a 24 anni è già sposata a volte è giudicata strana!

Ecco invece un brano tratto da Ritrovarsi della McNaught, in queste pagine la zitella, che non è la protagonista, ma solo un’amica, s’è messa in testa di far tornare assieme i due innamorati tra cui sono sorte complicazioni di sorta e, prendendo da parte il baldo giovane e raccontandogli tutta la verità sulla questione, scatena una specie di Terza Guerra Mondiale.

Ecco le parole dell’uomo e del suo amico/nemico dopo aver sistemato le cose:

Temendo che il peggio potesse ancora arrivare, Baskerville si lanciò nella mischia. «Di che cos’altro avete discusso tu e Langford? Siete stati via un bel po’» [in realtà non “erano stati via, ma se le erano suonate di santa ragione al White’s ^__^’]

«Abbiamo discusso di piccole e anziane signore dalla memoria corta» rispose Nicki in tono ironico. «E ci siamo meravigliati per la saggezza di un Dio che, per qualche incomprensibile ragione, di quando in quando permette alle loro lingue di continuare a funzionare, molto tempo dopo che il loro cervello ha smesso del tutto di farlo.»

Il duca di Stanhope alzò bruscamente gli occhi. «Spero che non ti stia riferendo a nessuno di mia conoscenza.»

«Conosci una persona che risponde all’improbabile nome di “Charity”, invece di “Scervellata”?»

Il duca soffocò una risata inorridita a quella deliberata, e inequivocabil descrizione della sua sorella maggiore. «Forse.»

Judith McNaught, Ritrovarsi, Sperling&Krupfer

Nella società moderna (beh, veramente si parla di sessant'anni fa) le zitelle erano molto comuni, specialmente a causa della carneficina fatta dalla guerra; Katherine Hepburne, a mio dire grandissima attrice, era appunto specializzata nel giocare il ruolo della zitella nelle sue parti femminili, come ad esempio La segretaria quasi privata (adoro quel film *___*), oppure in La regina d'Africa e ancora in L'uomo della pioggia.


Anche la famosa Ingrid Bergman ha portato diversi ruoli di zitella sullo schermo come quello di Gladys ne La locanda della sesta felicità (adoro anche questo ^__^).

La zitella più famosa di oggi, credo sia Susan Boyle, la bravissima cantante britannica scoperta all'X-Factor degli inglesi che io ammiro moltissimo, ma ammiravo di più quando non si faceva la permanente e non si truccava come Moira Orfei.



Nomi e origine

Vi siete mai chiesti da dove viene il nome "zitella"? Per scrivere questo post l'ho fatto e la risposta è stata sorprendente, visto che viene da un nome proprio: Zita.


Dal soprannome o nome medievale Zita, che, tratto da una variante del termine cita o citta, significa letteralmente bambina, fanciulla, per estensione, anche pura o vergine: in particolar modo, si pensi al vezzeggiativo di questo termine, ovvero zitella, dal significato di donna nubile
(vagamente sarcastico?).


In inglese, invece, zitella si dice spinster, questo termine indica generalmente le filatrici della lana; l'associazione tra la filatrice e la zitella è tardo medievale, quando le filatrici difficilmente si sposavano, ma grazie al loro lavoro potevano mantenersi e condurre una vita libera. A causa della caccia alle streghe di quel periodo, molte donne che vivevano sole del loro lavoro erano sovrapposto alla figura di streghe e maghe (come quella de La bella addormentata del bosco, l'arcolaio non vi dice nulla?) e a volte processate per questo.

Ecco quindi come dal nome di una professione, praticata fino all'Ottocento, sia nato il nome delle zitelle e lo stereotipo di vecchiette inacidite.

Considerazioni mie

La zitella che adoro più di tutte le altre è Amanda Briars, la protagonista creata dalla Kleypas per All'improvviso tu.

La signorina in questione, arrivata sola e vergine al trentesimo compleanno, decide che non le interessa se il matrimonio non è la sua strada perché vuole continuare la sua carriera di affermata scrittrice.

Ma, con un comportamento molto moderno, per non dire anacronistico, conclude anche che è inutile tenersi la verginità e si fa mandare un gigolò per la sera del suo compleanno. Naturalmente arriva l’eroe di turno (e che eroe!) che la capisce fino in fondo e non si approfitta di lei, non troppo almeno ^_^’
Come dice di lei la proprietaria del bordello, e come posso sottoscrivere, Amanda è stata fantastica, come dovrebbero essere tutte le donne, ha ordinato un gigolò come si ordina un pezzo di carne dal macellaio: unica! Fantastica!

Quello che adoro in lei è la sua indipendenza e il suo modo di andare contro le convenzioni. Amanda ha passato metà della sua vita ad occuparsi di parenti malati e ha perso le occasioni della giovinezza, ma anche da ragazza era sempre stata troppo colta perchè i giovanotti si divertissero in sua compagnia.

Ha trovato la sua vocazione nella scrittura, che tuttavia sarebbe costretta ad abbandonare nel caso trovasse un marito, che difficilmente approverebbe la sua professione e la sua indipendenza culturale. Fortuna che arriva Jack Devlin a toglierla dai guai, visto che lui fa addirittura l’editore! Insomma, le zitelle dei romance hanno proprio tutte le fortune…


Oltre a lei, Bunny Watson, la segretaria quasi privata dell’omonimo film, è lo stereotipo che probabilmente diventerò tra qualche anno. La sua amica Peg Costello, che lavora con lei, la definisce ironicamente “ruota di scorta” e “cravatta vecchia nell’armadio” quando entra in iperventilazione per un invito del suo capo, che la cerca solo quando non trova di meglio. Anche Peg è una zitella, ma almeno la prende sempre con filosofia e sa che il suo destino è diventare una gattara ^_^
Naturalmente Bunny e il nuovo ingegnere dell’automazione (negli anni ’50 non esistevano i pc come adesso e neanche l’informatica a quanto pare) finiranno per coronare il loro sogno d’amore in barba al capo approfittatore.

Sono inoltre diventate famose le zitelle di Cranford, grazie alla trasposizione del romanzo in un telefilm, prossimamente in arrivo sui nostri schermi con una superlativa Judi Dench che straconsiglio a tutti gli appassionati del genere period dramas.

Un'altra attrice che adoro a fare la zitella è Maggie Smith, quando fa Minerva McGranitt è fantastica, però io la adoro in ogni sua parte, è adorabile è splendida!


Bene, ho scritto un poema sulla faccenda e ce ne sarebbe altrettanto, ma devo davvero scappare.

Spero di poter scrivervi presto, bacioni a tutti e buon weekend!


PS: trovare immagini per questo post è stato terribile, così ho spulciato un po' di Cranford, sono quasi tutte da lì.



Mauser








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