31 gennaio 2011

Come organizzare una biblioteca pubblica secondo Umberto Eco

Cari lettori, come siamo arrivati a parlare di un argomento tanto distante dal mondo georgiano e vittoriano come le moderne biblioteche pubbliche? Cosa diamine c'entra?
Ebbene, tutto nacque con questo post, che è diventato la nostra pietra dello scandalo. In mezzo alla moltitudine di parole con cui riempio le pagine ce n'erano anche alcune circa le biblioteche pubbliche secondo la visione del sommo Umberto Eco ed io, ingenuamente, le ho riportate.
Ho ricevuto ben 3 messaggi sulla casella email che mi chiedevano informazioni a riguardo.

Ed io, affetta da incontinenza verbale, naturalmente sono ben felice di fornirle, orgogliosa di sponsorizzare un libro poco conosciuto di un autore famosissimo.
Secondo diario minimo, scritto da Umberto Eco, è la raccolta esilarante, ironica e molto quotidiana di come si facciano certe cose, un autentico bignami del come si fa...
Al suo interno troviamo gli argomenti più disparati, dal Come viaggiare con un salmone a Come usare la cuccuma maledetta (Come mangiare in aereo, come non parlare di calcio, come diventare Cavaliere di Malta) e infine, per aspiranti scrittori, Come scrivere un'introduzione, il tutto trattato con arguta, sapiene ironia e spirito di osservazione della nostra società, spirito affinato negli anni dall'autore sulla famosissima Bustina di Minerva, la rubrica da lui curata sul quotidiano L'Espresso.

Molti pensano che Eco sia solo l'autore di romanzi storici al limite della peperonata di zia Assunta (Il nome della rosa), oppure scrittore di importanti saggi di analisi dei canoni di bellezza e bruttezza e, ancora, eccelso professore di semiotica, che, devo confessarlo, ci ho messo un po' a capire cosa sia.
Ma tra i molti "mattoni" che la sublime mente di quest'autore ha partorito, ci sono anche questi piccoli lepisma, le bustina che a cadenza regolare venivano pubblicate: più leggere e frizzanti, più ironiche che saggistiche, eppure non meno azzeccate, non meno ragionate.

Secondo diario minimo è il mio breviario e ogni volta che lo rileggo non posso fare a meno di ridacchiare come una scema, non solo per il sapiente uso delle parole o per le vicende narrate, ma anche per le avventure tutte quotidiane, eppure molto inconsuete che ci vengono narrate, come se inventariare la carta igienica in una università fosse la nuova missione dei moderni Don Chisciotte, interpretati dagl itrepidi rettori e dai loro Sancho, segretari e professori di cattedra.
Tra tutti i racconti proposti, che non mi stancherò di raccomandare sostenendo che questo è il miglior Eco che conosca perchè comprensibile da tutti, eppure eccelso come sempre e molto ironico, qualità che altrove traspare poco, uno dei racconti è quello citato in precedenza e ve lo riporto volentieri per capire che chi scrive un trattato sui dolciniani e sulle lotte religiose nell'Italia medievale non è necessariamente un antipatico, snob, esteta al maniacale, ma ha anche insospettabili tratti di umanità che fanno apprezzare ancora di più il suo lavoro: questo e anche quello fatto per la stesura di saggi e romanzi.

Ecco Come organizzare una biblioteca pubblica e ditemi se non è con questi mulini a vento che ci confrontiamo nella nostra società, ditemi se, con un po' di ironia, non è questo il quadro del nostro servizio pubblico. Una esilarante presa in giro. Il testo e anche le biblioteche.


COME ORGANIZZARE UNA BIBLIOTECA PUBBLICA

1. I cataloghi devono essere divisi al massimo: deve essere posta molta cura nel dividere il catalogo dei libri da quello delle riviste, e questi da quello per soggetti, nonchè i libri di acquisizione recente dai libri di acquisizione più antica. Possibilmente l'ortografia, nei due cataloghi (acquisizioni recenti e antiche) deve essere diversa; per esempio nelle acquisizioni recenti retorica va con una t, in quella antica con due t; Čajkovskij nelle acquisizioni recenti col Č, mentre nelle acquisizioni antiche alla francese, col Tch.

2. I soggetti devono essere decisi dal bibliotecario. I libri non devono portare nel colophon un'indicazione circa i soggetti sotto cui debbono essere elencati.

3. Le sigle devono essere intrascrivibili, possibilmente molte, in modo che chiunque riempia la scheda non abbia mai posto per mettere l'ultima denominazione e la ritenga irrilevante, così che poi l'inserviente gli possa restituire la scheda perchè sia ricompilata.

4. Il tempo tra richiesta e consegna deve essere molto lungo.

5. Non bisogna dare più di un libro alla volta.

6. I libri consegnati dall'inserviente perchè richiesti su scheda non possono essere portati in sala consultazione, cioè bisogna dividere la propria vita in due aspetti fondamentali, uno per la lettura e l'altro per la consultazione. La biblioteca deve scoraggiare la lettura incrociata di più libri perchè provoca strabismo.

7. Deve esserci possibilmente assenza totale di macchine fotocopiatrici; comunque, se ne esiste una, l'accesso deve essere molto lungo e faticoso, la spesa superiore a quella della cartolibreria, i limiti di copiatura ridotti a non più di due o tre pagine.

8. Il bibliotecario deve considerare il lettore un nemico, un perdigiono (altrimenti sarebbe a lavorare), un ladro potenziale.

9. L'ufficio consulenza deve essere irragiungibile.

10. Il prestito dev'essere scoraggiato.

11. Il prestito interbiblioteca deve essere impossibile, in ogni caso deve prendere mesi. Meglio comunque garantire l'impossibilità di conoscere cosa ci sia nelle altre biblioteche.

12. In conseguenza di questo i furti devono essere facilissimi.

13. Gli orari devono assolutamente coincidere con quelli di lavoro, discussu preventivamente coi sindacati: chiusura assoluta di sabato, di domenica, la sera e alle ore dei pasti. Il maggior nemico della biblioteca è lo studente lavoratore; il miglior amico è Don Ferrante, qualcuno che ha una biblioteca in proprio, che quindi non ha bisogno di venire in biblioteca e quando muore la lascia in eredità.

14. Non deve essere possibile rifocillarsi all'interno della biblioteca, in nessun modo, e in ogni caso non dev'essere possibile neanche rifocillarsi all'esterno della biblioteca senza prima aver depositato tutti i libri che si avevano in consegna, in modo da doverli poi richiedere dopo che si è preso il caffè.

15. Non deve essere possibile ritrovare il proprio libro il giorno dopo.

16. Non deve essere possibile sapere chi ha in prestito il libro che manca.

17. Possibilmente niente latrine.

18. Idealmente l'utente non dovrebbe poter entrare in biblioteca; ammesso che ci entri, usufruendo in modo puntiglioso e antipatico di un diritto che gli è stato concesso in base ai principi dell'Ottantanove, ma che però non è stato ancora assimilato dalla sensibilità collettiva, in ogni caso non deve, e non dovrà mai, tranne i rapidi attraversamenti della sala di consultazione, aver accesso ai penetrali degli scaffali.

NOTA RISERVATA. Tutto il personale deve essere affetto da menomazioni fisiche perchè è compito di un ente pubblico offrire possibilità di lavoro ai cittadini portatori di handicap (è allo studio l'estensione di tale requisito anche al Corpo dei Vigili del Fuoco). Il bibliotecario ideale deve anzitutto zoppicare affinchè sia ritardato il tempo che trascorre tra il prelevamento della scheda di richiesta, la discesa nei sotterranei e il ritorno. Per il personale destinato a raggiungere su scala a pioli gli scaddali più alti di otto metri si richiede che il braccio mancante sia sostituito con protesi a uncino, per ragioni di sicurezza. Il personale totalmente privo di arti superiori consegnerà l'opera tenendola tra i denti (la disposizione tende a impedire la consegna di volumi superiori al formato in ottavo).

1981
Umberto Eco, Il Secondo diario minimo
Bompiani



Mi ritrovo in ogni riga e in ogni osservazione acida, eppure espressa come se si trattasse davvero di una cosa seria e posso assicurare che dopo aver assimilato tutto ciò, anche lo strazio di vedere il livello a cui eravamo ridotti e andare in biblioteca è diventato sopportabile: di fronte a certe scene al banco, confesso di essermi messa a ridere di soppiatto tra la costernazione di studenti e adulti che facevano i prestiti, grigi e imbufaliti nella loro attesa perenne.

Note personali: i miei passaggi preferiti sono quello del critico d'arte, che mi fa spanciare, naturalmente come organizzare una biblioteca pubblica, e come diventare Cavaliere di Malta e come viaggiare con un salmone. Anche la parte finale riguardo la fatidica domanda: come avrebbero risposto certi personaggi storici famosi alla domanda Come va è un vero colpo di genio!

Qui trovate la scheda su aNobii
Il secondo diario minimo

Sull'edizione posso assicurare che vale tutti i soldi che costa, non è inavvicinabile come prezzo, le pagine non si sbriciolano e l'inchiostro non macchia, insomma, è un tascabile di tutto rispetto dal fascino postmoderno scritto in caratteri un po' antichi (proprio il font). L'unico difetto è che le pagine dopo diversi anni ingialliscono come se lo tenessi in libreria da un buon ventennio, ma lo sapete che io sono pignola...

E se vi capita (e avete del fegato e tempo da perdere), prendetelo in prestito alla biblioteca pubblica!

Aggiornamento dell'11 gennaio 2012
A seguito di una mia esperienza alla biblioteca pubblica avvenuta l'anno scorso (2011) ho deciso di riaggiornare questo post includendo la vicenda.


Il mio rapporto con questa biblioteca pubblica, premetto, è qualcosa di secolare, vi andai per la prima volta nell'estate tra la fine delle scuole elemetari e l'inizio delle medie e in tre mesi divorai, letteralmente tutta la sezione ragazzi scoprendo la collana Capitol Bologna, accostandomi ai classici del calibro della Alcott e di Mark Twain, lessi Defoe. Continuai così per anni fino alla fine delle scuole superiori, a quindici anni ebbi il permesso di addentrarmi anche nella sezione adulti e ogni estate passavo le mie mattinate lì, raccattavo i quattro libri canonici previsti dal regolamento e li ingurgitavo avidamente.

Da quando ho iniziato a lavorare le cose sono un po' cambiate. Non ho più lunghe vacanze da riempire e il mio stipendio mi consente di acquistare tutti i libri che desidero ben prima che arrivino in biblioteca , dove, essendo una biblioteca di quartiere, appaiono solodopo ANNI.

Ma è innegabile che a volte in biblioteca si trovino dei titoli che altrove sono impossibili da reperire, specialmente perchè vecchi o edizioni mai ristampate. La biblioteca mi ha permesso di leggere Jennifer Donnelly e il suo I giorni del tè e delle rose quando dall'editoria classica avevo avuto solo picche e memore di questa bella esperienza, quest'anno ho scoperto interessanti approfondimenti storici e sono andata a ritirarli entusiasta di potervi mettere le mani sopra.
I titoli da me prescelti erano due La vita e i costumi nel Sei e Settecento e La vita e i costumi nell'Ottocento, sono titoli così strambi che su aNobii uno dei due non ha neanche la copertina! Vi lascio immaginare la loro diffusione...
Gà che c'ero ho aggiunto al mio prestito anche Amanti e regine che avevo adocchiato in libreria e questa mi sembrava un'ottima soluzione per risparmiare.

Se credevate che il brano scritto da Eco fosse mera fantasia, forse non avete fatto i conti con gli impiegati della biblioteca civica. Ormai il personale inadeguato è stato definitivamente sostituito da una mandria di ignorantoni della peggior specie e minimamente dotati di senso pratico, basti pensare che ad eseguirmi il prestito c'era un'inserviente con delle unghie ricostruite talmente lunghe che nel mio ufficio le avrebbero già fatto un provvedimento disciplinare per scarsa produttività e inefficenza al suo mestiere, ma vabbè...
Ci ha messo venti minuti per tre libri e continuava a lamentarsi che il computer glielo faceva apposta, ma capirai, bella gioia, che se con un dito e quattro chilometri di unghia schiacci tre tasti poi il sistema si impalla un po'...
 
Prendere in prestito i libri è stata ancora la parte più problematica, i veri pasticci sono iniziato dopo.
Circa a metà della durata del prestito, di inspiegabili 23 giorni (un numero veramente a caso, immagino) ho dovuto partire in fretta e furia per una trasferta intercontinentale su suolo turco. Nel mio mestiere a volte succede... poco dopo però il mio promemoria virtuale ha iniziato ad assillarmi per il prossimo rientro dei libri ed io mi sono ricordata che avevo ancora i tre volumi.
Certa che i bibliotecari avrebbero compreso le mie motivazioni, li ho avvisati preventivamente dell'impossibilità di restiturli, pregando la mia interlocutrice di estendere il prestito di altri venti giorni, nella speranza di poter rientrare in Italia entro la scandenza.
In questa telefonata tutto appariva come se non ci fossero problemi.

Il mio rientro in Italia è stato circa dieci giorni dopo la fine del primo prestito, a logica supponevo di essere ancora dentro i limiti del secondo, perciò armata di volumi e fiduciosa mi sono predisposta a riconsegnarli.
Al banco dell'accettazione la degna socia della collega UnghieLunghe ha preso i libri e li ha passati nella scansionatrice, strabuzzando gli occhi di fronte alla data e, probabilmente, facendo mentalmente il conto dei giorni.
Le sue prime parole nei miei confronti sono state
«Siamo un po' in ritardo, eh? Non avrebbe dovuto riconsegnarli due settimane fa? Se tutti facessimo come te non ci sarebbero più libri alla biblioteca...»
Che, detto fra noi, non è il massimo della cortesia da parte di un impiegato stipendiato con le tasse che paghiamo.
«Signora» ho risposto «se controlla nello storico del prestito sicuramente vedrà che questo è stato esteso dalla sua collega XXX dieci giorni fa, quindi non sono in ritardo» ed essendo una che coi gestionali ci lavora tutti i santi giorni, credetemi che lo so come funzionano queste cose, per schifo che faccia quello scelto dalla Biblioteca Civica.
Ciò con cui non avevo fatto i conti, però, era la suscettibilità dell'impiegata che, a quanto pare, non era disposta a sentirsi dare giustificazioni da una come me, infatti con tono infastidito mi ha ribadito
«Non venire ad insegnarmi come fare il mio mestiere, qui non c'è scritto nulla riguardo e tu ti stai inventando tutto, ma ci saranno delle conseguenze, sai, perchè questo non è né il modo né il tono»
Al che persino io stavo perdendo la pazienza. 
Ok, ero andata in biblioteca con jeans e maglietta, ok non ero benvestita e truccata, ok dimostravo quattordici anni, ma credo di non meritarmi cotale modo di parlare.
Senza contare che neppure mia madre si rivolge a me in quel modo parlando di conseguenze e di tono.
Se la commessa era particolarmente suscettibile riguardo il suo lavoro, forse era il caso che sapesse che la sottoscritta lo è riguardo alla sua età. Il fatto che sembri una ragazzina delle medie quando ho superato la ventina è imbarazzante e non mi piace quando la gente dà per scontato che io sia un'insignificante rimpiscatole minorenne quando non lo sono.
«Signora mi dispiace ma non potevo riconsegnare prima i libri perchè mi trovavo in Turchia» ho spiegato mordendomi la lingua per non dirgliene quattro
«Dovevi riportare il materiale prima di iniziare le vacanze» al che non ci ho più visto, ODIO queste situazioni
«Signora, non ero certo in Turchia per piacere personale, anche io ho un lavoro» e devo ammettere che la tentazione di replicare e lo faccio meglio di lei è stata frtissima.
«Ti giustificherai con la responsabile»
La Responsabile, perchè lo sappiate, è il donnone a capo di tutta questa combriccola di menomate mentali che dovrebbero stare al banco della reception e riordinare i libri e invece non fanno altro che leggere Chi, Visto e Intimità dietro lo sportello.
Su chiamata della TiziaDelBanco, la Responsabile è venuta da noi cercando di capire cosa stesse accadendo, le ho ripetuto la mia versione dei fatti mentre Tizia sbraitava di menzogne e bugie assortite. Ho capito il momento stesso in cui ha pensato che fossi bugiarda dal modo in cui mi ha squadrato i pantaloni di jeans, impressione poi confermata dalla mano sulla spalla che mi scuoteva dicendomi
«Non è il caso che inventi delle scuse, non ci saranno ripercussioni, era solo per dirti di fare più attenzione alle scadenze la prossima volta» cioè, ma mi prendevano per scema?
«Signora, anche se forse ne dubitate, io non sto inventando nessuna scusa e se ha bisogno della parola di qualcuno senta la sua impiegata che mi ha esteso il prestito. Se la sua collega si prendesse la briga di cliccare su quel dannato pulsante Vedi dettagli forse potreste evitare una telefonata inutile.
Il fatto che io sia o non sia un'adolescente, inoltre, non vi autorizza a darmi della bugiarda e a mettere in discussione le mie parole,
per quanto mi riguarda, quale che sia il motivo, non ho bisogno di dimostrare la mia età o il mio lavoro a nessuno fuorchè il mio capo, ma se la cosa può mettere tranquille le vostre sospettose coscienze, qui sulla mia carta d'identità ci sono scritti l'anno di nascita e la professione» e in effetti c'è davvero scritta e avevo con me anche il passaporto perchè ero tornata da due giorni e me lo ero dimenticato in borsa assieme ad altri documenti.
 
Credo che per loro sia stato traumatico scoprire che certe società impiegano anche studenti delle scuole medie...

Baci




Mauser

29 gennaio 2011

MEME letterario 2010

Accolgo molto volentieri l'iniziativa passatami da Irene sul suo blog Cipria e Merletti sulle mie letture dell'ultimo anno e confesso a priori di fare uso assiduo della mia libreria su aNobii per aiutarmi dove la mia memoria cede.

Quanti libri hai letto nel 2010?
Stando alla mia libreria online, dove da qualche tempo aggiungo scrupolosamente le mie letture anche per una questione di ordine mentale, sono stati 33.
Considerando che il 3 è il numero della mia vita, in tutti i sensi, non mi sembra un traguardo poi così malvagio...


Quanti erano fiction e quanti no?

Considerando per fiction la narrativa completamente inventata, direi che tre quarti delle mie letture lo sono.


Quanti scrittori e quante scrittrici?
Bella domanda... di solito leggo quasi esclusivamente scrittrici, ma non per androfobia, semplicemente perchè di solito fanno prodotti più vicini ai miei gusti. Comunque, facendo due conti molto superficiali la percentuale dovrebbe essere di 1/4 (Maraini, Cornwell, Falcones, Brown, ecc).


Il miglior libro letto?
Difficilissimo dare un giudizio, indubbiamente L'arciere di Azincourt di Bernard Cornwell è stato il prodotto più notevole, sia dal punto di vista narrativo che di ricerca storica. Il libro è molto bello, ma anche molto crudo e pesante e, proprio per questo, forse la palma d'oro la traslerei a Luci d'inverno di Nora Roberts, che forse non ha lo stesso spessore di ricerca e di narrazione, ma è stata una piacevolissima scoperta a cui darò fiducia anche in futuro, voglio quindi premiare la novità, sia come pubblicazione che la neonata casa editrice Leggereditore, sebbene quest'ultima dovrebbe migliorare un po' grammatica e sintassi dei suoi editors che in questo campo sono piuttosto carenti.


E il più brutto?
Ah, qui sì che la scelta si fa difficile, ma direi che il trofeo della peggior ciofeca vada a Orgoglio e Perdono di Susan Donovan. Che porcheria indicibile! Girate al largo, date retta a me.


Il libro più vecchio che hai letto?
Stando alla rapidità delle pubblicazioni italiane rispetto agli originali, Neve a primavera di Yukio Mishima (1969) e L'àgape celeste di Fosco Maraini siano tutti e due piuttosto datati.
Vabbè, sarcasmo a parte, forse
Tom Jones di Henry Fielding è abbastanza vecchio, considerando che Pamela l'avevo già letto e le due pubblicazioni sono quasi contemporanee (settecentesche).


E il più recente?
Ho fatto l'errore di comprare Orgoglio e perdono appena uscito in libreria, credendolo un chick-lit carino e divertente e con una buona dose di animalismo, invece è stato solo una boiata.


Qual è il libro col titolo più lungo?
Non saprei dirlo con esattezza, probabilmente di Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo - Il mare dei mostri di Rick Riordan.


E quello col titolo più corto?
Urka, credo che sia Amistad di Alexs Pate.

Quanti libri hai riletto?
I miei favorites li rileggo più volte all'anno, tutti gli anni, sono un po' ossessiva...
Credo, comunque di averne riletti una ventina, quindi le letture ammontano a 33+20.
Un sentimento inopportuno della Fforde è nella mia lista continua insieme ad alcuni romance come Il signore dei lupi di Heather Graham e La figlia del re di Shannon Drake, che poi sarebbero la stessa autrice. E naturalmente Lisa Kleypas mantiene alta la sua percentuale.


I libri più letti dello stesso autore nel 2010?
Sicuramente la Roberts, appena scoperta ne ho fatto una scorpacciata e, salvo in un caso, non mi ha delusa per niente.


Quanti libri scritti da autori italiani?
Pochini... penso un paio perchè non tutti sono validi e in Italia abbiamo, letteralmente parlando, un certo gusto dell'orrido che non condivido: La patria, bene o male di Carlo Fruttero e Massimo Gramellini e Novecento di Baricco, che però non mi ha entusiasmata.
Tra le riletture, poi,
Eco è un must di sempre, ma ormai risiede nelle riletture.


E quanti libri letti sono stati presi in biblioteca?
Premesso che a me la biblioteca piace ed è lì che ho iniziato la mia voracità letteraria, devo ammettere che gli orari miei e del servizio sono praticamente incompatibili: come dice Umberto Eco, il nemico della biblioteca pubblica è lo studente lavoratore e cercano di fare in tutti i modi per ostacolarlo nel prestito [vedi Il secondo diario minimo].
Detto ciò,
Una calda estate, Riflessi di seta, e qualche altro disperato che all'atto non ricordo sì. Se si decidessero a fare turni come si deve e l'apertura al sabato forse aumenterebbero, in compenso ho programmato il prestito dell'Enrico V di Shakespeare dopo aver letto Azincourt perchè mi piaceva la frase
«Questo è l'ordine! E ora gridate, Dio con Enrico, l'Inghilterra e San Giorgio!»
Che citano anche in
Sherlock Holmes, come vedete le mie motivazioni sono abbastanza deprecabili.


Dei libri letti, quanti erano ebook?
Confesso che sto cercando, provando fortemente a convertirmi, ma da introdotta nel sistema informatico posso affermare che siamo indietrissimo e i risultati conseguibili a dir poco miserevoli.
Col
tablet aziendale va già meglio, ma reperire il materiale è arduo, in definitiva, direi 3, più una marea del vorrei quando ho tempo.
Speriamo che migliorino...




Comunque per qualsiasi informazione, curiosità o scambio di opinioni e libri, consiglio caldamente di visitare il mio bookshelf su aNobii:
http://www.anobii.com/mauser/books

Baci a tutti





Mauser

27 gennaio 2011

Il Lord Ciambellano

Cari lettori, devo davvero scusarmi con voi per il ritardo con cui giunge questo approfondimento, come certo vi sarete accorti è quasi una settimana che pubblico solo post "semplici" di premiazioni e libri, insomma, cosine leggere.

Come al solito sono in ritardo e, sempre come al solito, lo sono per via della marea di impegni che sta assalendo la mia vita, non che voglia giustificarmi, questo è un blog per diletto, non un impegno fiscale da rispettare a scadenze regolari, però ci tengo a mantenere una certa continuità e invece non sempre riesco, ultimamente con l'avvicinarsi del calduccio primaverile, che dalle mie parti si sente già a febbraio, passerei il mio tempo a dormire, senza contare anche io ogni tanto avrei bisogno di ricaricare un po' le pile e, dato che la chiusura natalizia è stata solo un miraggio, essendo andata a lavorare ogni giorno, sono fisicamente spossata. Non paghi i miei amabili colleghi mi hanno prospettato la possibilità di saltare anche le ferie di fine mese che ero intenzionata a prendermi per ripigliarmi un po', quindi oltre al fisico, pure l'umore è stremato. E la trasferta milanese non mi ha aiutata per niente, così come l'organizzazione dell'ennesimo, estenuante training che crea solo problemi.
Nella speranza che la situazione si regolarizzi un minimo, non prendetevola se gli aggiornamenti saranno un po' più sporadici per qualche settimana, non ho alcuna intenzione di dimenticarmi del blog, magari solo di farlo con gli impegni che mi rincorrono.



Il Lord Ciambellano
Lord Chamberlain of the Household

Il Lord Ciambellano, conosciuto anche col nome di Camerlengo (vi ricordate Dan Brown?) è una figura che possiamo trovare soltanto nell'organizzazione delle Case Reali ed è uno degli ufficiali a capo della Casa Reale, casa proprio in senso fisico, ciò dell'organizzazione e gestione del luogo e del funzionamento del posto dove risiede il re o la regina, l'organizzazione della politica e della casa in senso lato, invece, spettanno ad altri, in particolare al Primo Ministro.
Sir John Gage, Lord Ciambellano
della Casa Reale Tudor


Il Lord Ciambellano è generalmente responsabile dell'organizzazione delle funzioni di corte, TUTTE, dal tè della principessa con le amiche al trasporto dell'ultimo principino a scuola, fino ai più sontuosi banchetti diplomatici con esponenti internazionali (che si spera sempre siano in orario ed educati, non come la vicenda che ha costretto Sua Maestà Elisabetta a presentare delle rimostranze al Cavaliere Nostrano in merito alle sue maniere, per leggere l'articolo: E la regina rimprovera Silvio. Che vergogna...).

L'organizzazione della servitù, al palazzo reale così come nelle case, è strutturata a ranghi serrati, dove ciascuno degli "upper" si preoccupa di supervisionare il lavoro dei suoi sottoposti, detti "under", questo almeno finchè non si incontrano ruoli che lavorano sul serio, ovvero coloro che di sottoposti non ne hanno e in quel caso devono solo sgobbare, strofinare e usare del buon olio di gomito.


Origine del nome e della figura
L'origine di questo titolo, perchè è un titolo a tutti gli effetti e non solo una professione, è medioevale, dall'antica parola franca kamerling, che significa addetto alla camera (ciambellano).

Anche in inglese il titolo ha a che fare con la camera del sovrano, ciambellano viene infatti dalla parola anglosassone chamberlain, a sua volta derivata da chambre, cioè "camera"; in questo caso si è preferito tradurne il significato piuttosto che la sonorità.
Chambre è la versione antecedente all'odierno room e deriva dal francese, a sua volta coniato dal latino, ancora nell'epoca Vittoriana e pure oggi, l'orchestra da camera in inglese si chiama orchestre de chambre alla maniera francofona.

Alla corte Merovingia prima e Carolingia poi, il ciambellano svolgeva funzioni di valletto e consigliere del signore o del sovrano ed era tenuto in altissima considerazione.
Non stupisce quindi che oltre che Ufficiale della Corte, nel caso inglese, il Lord Ciambellano sia anche Segretario Privato del Sovrano (negli altri Paese non sempre le due cariche sono comuni).
Adesso qualcuno sicuramente dirà: ma non spettava al valletto occuparsi della camera e delle cose del suo signore, come abbiamo visto in uno degli ultimi post?

La divisa ottocentesca di un
Lord
Ciambellano, assomiglia molto
ad una
uniforme militare perchè
la carica era
anche tale, vedi caso
danese.
Ebbene, in gergo moderno sì, in passato no. Ogni epoca storica ha il suo modo di chiamare le cose, anche la ricerca del termine più specifico e più affine a quel periodo serve a dare una certa sfumatura al discorso, quindi se siamo in campo medievale parleremo di scudieri, maniscalchi, ciambellani, messi, ecc., nell'Ottocento quasi i medesimi ruoli saranno ricoperti da valletto, stalliere, maggiordomo. Eppure facevano più o meno la stessa cosa.

Che confusione, eh! @_@

Eppure almeno due terzi delle parole "ottocentesche" hanno origine medievale (valletto, per l'appunto, ma anche la versione inglese di maggiordomo, butler), come mai tutto questo ingarbugliamento di ruoli?

Perchè fa chic, certo, e usare una parola desueta ti fa sentire colto e importante durante la conversazione anche se sei una capra e anche perchè la gente è ignorante (no, non è un controsenso) e chiama col nome sbagliato le cose, oppure le traduce erroneamente [basti vedere il caso della cortina di ferro durante la Guerra Fredda oppure il balia-bambinaia-governante che ho citato alcune volte e che riprenderemo in futuro].



Il caso italiano

In Italia, dove ci piace complicarci la vita, la medesima figura ha nomi diversi o significati simili, ma non identici.
Traduciamo dall'originale kamerling l'odierno camerlengo, a tutti gli effetti un Lord Ciambellano, ma usiamo anche la parola ciambellano, italianizzazione senza significato [guai a chi mi nomina le ciambelle, eh!] di chamberlain.
Alla luce di analisi linguistiche, i due nomi indicano la stessa figura professionale, ma il primo è da adoperarsi solo in riferimento alla gerarchia ecclesiastica, nello specifico si tratta del ciambellano di Sua Santità, il secondo in quella temporale/militare/reale, vale a dire tutti gli altri casi.


Do you speak international?
La figura del Lord Ciambellano è presente quasi in ogni monarchia, sebbene assuma nomi diversi: in Danimarca, per esempio, è chiamato Hofmarskallen af Husholdningernes, traducibile in Maresciallo di Corte della Gestione della Casa.
Lord Hopetoun, Ciambellano
della
casa reale inglese
degli Hanover

Hof=corte, come in tedesco;
Marskallen=maresciallo;
Hus=casa;
Holding=mantenimento/gestione, come in inglese;

In questo caso il ruolo di ciambellano rappresenta il "mestiere", mentre quello di maresciallo di corte è il titolo onorifico conferito a chi lo ricopre, oltre che ufficiale della casa, il ciambellano danese diventa quindi anche un ufficiale dell'esercito.

In tedesco, forse la lingua più vicina al franco originario, chiamano Kammerherr, letteralmente "uomo di camera", il ciambellano semplice, dove kammer è l'antico nome, poi tramutato nel più famoso zimmer reso noto anche dai Tokio Hotel col loro album Zimmer 483, i TH sono per l'appunto crucchi; comunque, accostando le due parole, si nota chiaramente che la mela non cade mai tanto distante dall'albero e kammer e zimmer non sono poi così diversi.

La figura del Lord Ciambellano, però, ha un altro nome rispetto al semplice ciambellano, ma è nominato come Hofmarschall, decisamente più simile alla versione danese, naturalmente il significato è sempre quello del "carota e bastone", ovvero: fai un lavoro orribile soggetto agli umori del re, ma ti diamo comunque come contentino una carica militare altissima.


Come diventare Lord Ciambellano
Premettendo che esistono, per ogni corte, un Lord Ciambellano per il re e uno per la sua consorte, quello che conta davvero è il Lord Ciambellano del monarca, se c'è una regina consorte, il suo vale un 2 di picche.

Detto ciò, chi diventa Lord Ciambellano, di solito è un'alta carica dell'esercito, ormai pensionata con almeno il rango di Generale oppure Maggior Generale (meglio abbodare).



A cosa serve?
Bel quesito: a niente o quasi, nel senso che è un supervisore e, come tutti i supervisori, non produce nulla, ma giudica il lavoro altrui. Si spera sempre che a giudicare sia qualcuno di provata lealtà ed esperienza e votato anima e corpo alla monarchia, ma non sempre è così...

Il lord ciambellano
del film L'incantesimo
del lago
Tra le sue funzioni dei c'è l'organizzazione dei ricevimenti e delle udienze, sia pubbliche che private, del re e la regina (praticamente la loro segretaria di agenda, come si dice nelle multinazionali), approntano i loro viaggi e le visite e supervisionano i comportamenti della famiglia reale [sono un'inesauribile fonto di pettegolezzi e gossip, guardate cosa ha tirato fuori qualche anno fa il cameriere di Lady Diana che in confronto era una mezza tacca].
Si occupa inoltre delle serrature, cioè del chi va dove, perchè non penserete davvero che in un palazzo reale con centinaia, forse migliaia di servitori chiunque possa andare ovunque, vero?
Certo che no, anche lì gerarchia e disciplina regolamentano accessi, piantonamenti e co.

È inoltre di sua competenza scegliere le stoviglie e la disposizione per la tavola reale e, in questo, svolge un po' il ruolo di una governante: sceglie i menu, predispone che tutti siano operanti e al meglio nella loro funzione.
Supervisiona anche i maggiordomi e i somelier per la cantina e i vini.

Ha anche compiti aggiuntivi di rappresentanza e ministeriali che cambiano da paese a paese.
In Germania, ad esempio, il Lord Ciambellano era anche Ministro dell'Interno e rimase tale fino al 1945, quindi tra Cancelliere e Ciambellano, entrambe figure legate alla monarchia, presenti pure durante una repubblica, figuratevi che pasticcio!


L'ufficio del Lord Ciambellano
L'ufficio del Lord Ciambellano ha compiti molto differenti, se da una parte gestisce l'organizzazione della casa, dall'altra si occupa altresì di questioni politiche ed economiche.
Nel caso di visite da parte di diplomatici stranieri è quest'ufficio incaricato che tutto sia perfetto e gradevole al proprio gusto.
E deve esserlo.
Ovvero: se il primo ministro di un qualche paese arabo estremista chiede donne e champagne, questo deve esserci, nessuno deve sollevare un sopracciglio e, soprattutto, la cosa non si deve sapere.

Rimane traccia solo negli stupendi archivi di stato della gestione della casa, che sono il terrore di ogni monarca e di ogni abitante della corte poichè la minima cosa viene coscienziosamente appuntata dai preposti, compreso quante volte il figlio del re va al bagno, chi ha visto chi e chi ha visto cosa, quale carne è stata ordinata e se l'ultima sguattera assunta si è grattata un braccio mentre strofinava il pavimento. Poi dicono che nella società moderna si è tracciati...
Un tipico vestito maschile per la vita
di corte di un gentiluomo approvato
dall'Ufficio del Lord Ciambellano
In Inghilterra, inoltre, l'Ufficio del Lord Ciambellano è stato a lungo preposto anche al controllo e alla revisione di testi e rappresentazioni teatrali. Come conseguenza, alcune compagnie tratrali adoperarono questo nome, William Shakespeare, per esempio, fece a lungo parte della compagnia teatrale Lord Chamberlain's Men di cui vi rimando al link su Santa Wikipedia.

Non solo questo, sempre l'ufficio presieduto dal Lord Ciambellano aveva il compito di decidere quali abiti fossero adatti e quali no all'apparizione a corte o nel corteo dei sovrani.
In mancanza di Blair Waldorf e di Gossip Girl, il Lord Ciambellano faceva le regole e le matrone lo stile. Nel 1869, ad esempio, venne emesso un bando per cui per le apparizioni a corte gli uomini dovevano indossare rigorosamente un completo a coda di rondine, o frack, in velluto nero e completo di panciotto a trama floreale, più o meno vistosa a discrezione del modello: non vivetela come una scelta pacchiana, era la moda lasciata dal regno di Giorgio III e prima che si introducessero gli odiosi quadretti tanto cari agli americani e la tinta unita. Benchè la foggia fosse ispirata a quella del medio periodo georgiano, la nuova moda faceva in modo che giacche e pantaloni anche per la vita di corte fossero molto più attillati e fascianti e creassero una silhouette perfetta (in un'epoca in cui anche alcuni uomini portavano il corsetto)



Bene, scrivere questo post è stato un vero parto, plurigemellare, oserei dire, sarà che con l'avvicinarsi della primavera e il cambio di stagione sono a pezzi, sarà che sento da morire la mancanza delle feste di Natale che non ho fatto, sarà che la prospettiva di andare in ferie a febbraio è sfumata come sabbia nel torbido e io sono psicologicamente demoralizzata, sarà che oggi sto ridotta cotta come un prosciutto, fatto sta che anche il minimo lavoro extra oltre a quello imposto mi sembra un sacrificio insormontabile, quindi non prendetevela se per un po' gli aggiornamenti saranno piuttosto sporadici, ok?

Baci a tutti





Mauser





Alcune divise dei Lord Ciambellani inglesi nella storia della monarchia britannica
Victoria & Albert Museum

(si riconoscono una palandrana settecentesca, frack ottocentesco ed una uniforme più recente tardo vittoriana)

22 gennaio 2011

Stylish Blogger Award

Cari lettori,
è con enorme gioia e orgoglio che vi annuncio che il Georgiana's Garden è stato selezionato per un nuovo premio web, lo

Stylish Blogger Award!


Per il gentile pensiero e la splendida opportunità offerta vorrei ringraziare Sylvia del blog Un tè con Jane Austen, Francesca di Piccolo sogno antico e Irene e Alessia di Cipria e Merletti, delle splendide chicce della blogosfera che consiglio a tutti voi di visitare.

Grazie infinite, di cuore ♥


Passiamo adesso alle "regole del gioco" che raccomandano l'autore o l'autrice del blog in questione di parlare di 7 cose di sè che non si erano ancora scoperte. Ebbene, comincio volentieri, ma temo che ci metterò una vita a concludere, come sapete (e non è una delle 7) sono molto prolissa =P

1. Considero la fiducia un bene sacro che si elargisce solo dopo una conoscenza sincera e non immediatamente e se la si tradisce il rapporto è difficilmente recuperabile.
Spesso ho fatto degli errori, in passato, dando fiducia a persone che alla fine si sono dimenticate di me in favore di amici più interessanti, persone che mi hanno usata solo quando avevano bisogno di qualcuno che facesse qualcosa per loro o tappasse i buchi di noia, la cosa mi infastidisce, ma l'amicizia continua ad essere una delle basi della mia vita e, come dice la mia canzone preferita credi nell'amicizia vera, non ne dubitare, specie nel giorno in cui qualcuno la tradirà (Fai come ti pare - 883).

2. Ho un autentico pessimo gusto estetico in fatto di uomini (stile nerd, diciamo solo che RJ Berger potrebbe rappresentare l'amore della mia vita), le mie amiche giudicano inguardabili quelli che io definisco adorabili -.-
Oltre a questo sono pure masochista e sono finita ad incapricciarmi di uno che lavora buona parte dell'anno all'estero e che non mi calcola di straforo (se mai capiti di qua, deciditi a scrivermi!) e, sì, assomiglia ad RJ Berger.

3. Sono una specie di pesce, l'acqua è il mio vero elemento e andare in piscina per me è come tornare nella pancia della mamma. Quando arriva il momento è una maledizione perchè finisco per raccontare un mare di fandonie a me stessa sul fatto che sono troppo stanca o è troppo tardi, ma poi, quando sono in acqua, tutto cambia e io tocco il mare con un dito.

4. La mia mamma è senz'altro la miglior insegnante di storia che abbia mai avuto e se si rendesse utile sul blog scrivendo un paio di post di architettura e stili sarebbe anche meglio per me, visto che sono oberata di impegni e ho pochissimo tempo. Per il resto, lei e mia zia mi hanno iniziata alla scoperta della storia meno conosciuta, mia zia è un'autentica miniera di aneddoti succulenti sulle più disparate vicende storiche e letterarie e condivide con me il mio odio atavico per Napoleone.

5. Sono una donna in carriera e mi piace esserlo (un po' meno alla mia agenda) e sono un'informatica fatta, finita e orgogliosa di ciò, quindi nulla a che vedere con l'immaginario collettivo che mi vede studiosa di lingue orientali o laureata in storia.
Ho tutte le brutte abitudini dei miei simili nerd, dal compilare flowcharter per preparare un toast alle magliette pro-Windows (quelle di Linux col pinguino obeso, mi spiace ma mi rifiuto di metterle e a me Windows piace anche se sono una programmatrice) e la mania di attaccarmi al codice pagina ogni volta che qualcosa non viene come vorrei.
Peccato non esista il source code anche nella vita.

6. Ogni momento m'interesso di una cosa diversa per poi abbandonarla, una caratteristica tipica del mio segno zodiacale (i Gemelli), col risultato di migliaia di progetti iniziati e mai conclusi, situazione peggiorata dal fatto che sono una disordinata cronica e che camera mia è peggio di un bazaar.
Penso di avere il diritto di cambiare opinione e che nessuno possa togliermelo e ritengo inoltre che la storia debba essere una maestra di vita anche nel presente e non solo una favola, poichè tramite l'esperienza si possono evitare fatali errori.

7. Mi piace lo stile classico british. Non sono molto modaiola, anche se mi piace lo shopping, e quando ero bambina i miei compagni di classe mi prendevano in giro pesantemente per come mi vestivo senza capi firmati o scarpe rinomate (non immaginatemi metallara o che), fino a insulti molto difficili da ignorare, mi chiamavano strana e mi rifilvano cattiverie dietro le spalle (perchè ho la lingua tagliente); per risultato sono molto cauta nel trattare con gli altri, riservata e poco socievole.


Piccolo appunto: la canzone Fai come ti pare è la mia maestra di vita e riassume ciò che penso della vita, la mia frase, quella che ritengo sia la migliore e la sintesi della mia vita è sicuramente Quando non si ha scelta, almeno si abbia coraggio (da La prima volta che ho avuto 16 anni di Susie Morgenstern).

E adesso la parte migliore: a chi assegnare questo premio?
Dieci blog sono tanti, ma alcuni se lo meritano davvero ^__^
Alcuni immagino che coincideranno con quelli selezionati per il Sunshine Award.

A Irene e Alessia di Cipria e Merletti
A Claire di La collezionista di dettagli
Ad Aldina di Aldina's Corner
A Sylvia di Un tè con Jane Austen
Ad Estel di L'angolo di Estel
A Yume di School Uniforms' Blog
A Haze di Cherry Beauty
Il 1000 Awesome Things Blog
Il blog Meraviglie della Scozia
Il blog Ma ti sei vista?


A presto, baci

Mauser

16 gennaio 2011

Rossella: la fiction di Rai1

Cari lettori,
oggi vorrei parlarvi di una fiction che ho visto diversi giorni fa, in un momento di disperazione.
Generalmente non sono un'amante delle fiction, perchè quando sono belle, storicalmente parlando, di solito il pubblico non le apprezza e le interrompono alla terza puntata, mentre se sono brutte o insignificanti ne programmano duecento stagioni.
Per un certo periodo, lo confesso, mi sono rifiutata di guardare la tv, intanto tra telegiornali (deprimenti) e programmi culturali (anche peggio, salvo solo Piero e Alberto Angela), condito il tutto con fantastiche istantanee di una buona fetta della realtà socioculturale italiana (Uomini&Donne), non mi sono persa nulla.
Ancora oggi, vado d'accordo con la tv solo quando c'è da vedere film in videocassetta (ah, le vecchie vhs...) e qualche commedia brillante americana dei tempi d'oro.

In Italia i produttori si sono particolarmente lanciati nella stesura di sceneggiature a carattere storico, specialmente dopo l'incredibile successo di Elisa di Rivombrosa oppure con i documentari sulla vita dei santi e degli uomini di fede (da Padre Pio a Giovanni XXIII) e dei personaggi della storia italiana (Garibaldi, Petrosino, Perlasca).
Siamo ancora sulla scia di quel successo, ma, a quanto pare, dall'esperienza i nostri conterranei non hanno imparato ad essere storicamente più accurati, quindi, se Elisa era un capolavoro di inesattezze e il suo seguito anche peggio, adesso rasentiamo il ridicolo.

La nostra protagonista Rossella con un abito credibile (uno dei pochi) che sembra arrivare
dritto dritto dai costumisti de Il gattopardo
di Visconti.
Questa era la premessa di Rossella, la fiction a carattere storico che RAI1 ha messo a palinsesto a partire dal 9 gennaio 2011, che si caratterizza proprio come un prodotto storico, quindi adatto a finire nelle grinfie della presente zitella inacidita, la quale zitella, incuriosita dalla trama, l'ha pure gurdata.

Come sapete bene, non sono mai tenera con i prodotti che si definiscono storici solo per accaparrarsi una fetta di mercato, sono così perchè coloro i quali pensano male un prodotto che vogliono etichettare come storico quando, invece, di storico hanno solo le gonne lunghe, mi sembrano proprio traditori di chi si fida: uno si appresta a guardare un programma sperando di trovarci almeno un minimo di attendibilità e... nisba. Il peggio del peggio, potremmo definire più storico Bones.

Vediamo cosa è accaduto questa volta.


Trama
Siamo a Genova, alla fine dell'Ottocento; la giovane Rossella Andrei, con il bel volto dell'attrice Gabriella Pession, è la ricca figlia di un industriale genovese, stretta nell'etichetta che il suo status le impone; di carattere libero e fiero, Rossella vorrebbe rincorrere la propria indipendenza dall'ingombrante famiglia e coronare il sogno d'amore con lo scapestrato giornalista calabrese Giulio Sallustio che ha conosciuto per caso durante una passeggiata.

Contro il volere dei propri cari, Rossella e Giulio convolano a nozze, ma sebbene il loro amore sia profondo, è destinato ad andare incontro a diversi ostacoli a causa del viaggio di lui in Africa e del cambiamento caratteriale che investe Sallustio di ritorno dalla sua esperienza.

Non è precisamente che all'epoca
andassero di moda i capelli sugli
occhi...
Rossella tra alti e bassi, intraprende una vita da madre quasi single con appresso il frutto dell'unione, studiando approfonditamente medicina e riuscendo a diventare una delle prime donne medico della storia d'Italia, passando poi anche alla politica, dove diventerà una parlamentare importante e anticonformista nell'ingessata Italia a cavallo tra Otto e Novecento.


Considerazioni della scrivente sui...

I luoghi
Mauser: Scusate, ma che posto sarebbe quello che si vede nel telefilm?
Sceneggiatori: Genova, c'è pure la Lanterna
Mauser: aaahhhh, ecco perchè aveva un aspetto vagamente familiare. Ma per il mare che avete mostrato, poteva essere anche Casale Monferrato.

Questa, in sintesi, la faccenda luoghi.
E la cosa mi ha fatta molto inbestialire perchè io sono una genovese orgogliosa di esserlo, porto un cognome della mia città che più tradizionale non si può, parlo il mio dialetto e amo la mia terra. Credetemi se vi dico che ho fatto fatica a riconoscere la mia Genova in quegli scorci finti di caruggi puliti e mare da Caraibi.

Non per distruggere i miti romantici degli sceneggiatori e di quelli che vedono nell'Ottocento solo un tempo splendido di amori cortesi e galanteria oltre misura, ma per quanto sia brutto da dire, Genova è un porto, una città di mare, lo è sempre stata, fin dal Medioevo e formava con le altre compari le Quattro Repubbliche Marinare: i vicoli di questa città erano bui e puzzolenti, l'odore del pesce e del salmastro probabilmente si sentiva per chilometri, i passaggi erano (e sono tutt'oggi) angusti e affollati di borseggiatori e donnacce pronte per i marinai appena sbarcati.

Genova non era il centro della vita di società italiana risorgimentale, ma una città di affari e di commerci e, nell'epoca in cui hanno scelto di ambientare la vicenda, un luogo di transizione che stava rinnegando il passato da marinaio per trasformarsi in operaio metallurgico con l'arrivo della siderurgia, Ilva, Ansaldo, Piaggio, Costa, Fincantieri.
Se volevano riproporre La signora dell camelie, Genova non è la città che fa per loro, la location ideale era il lago di Como con Villa Carlotta, ma la mia città è la città che canta De Andrè ne La città vecchia, oppure quella che appare nella Litanìa dell'ultimo Caproni.

Questa è cattiveria, però... la canottiera che spunta sotto la camicia? Ma in quale secolo!
Non dobbiamo mica mettere in mostra la merce (per l'epoca sarebbe
stato scandalosissimo!)
Infatti, accortisi di ciò, la città non la fanno minimamente vedere, qualche pezzetto di spiaggia che poteva essere ovunque, anche a Tripoli, un'occhiata veloce alla Lanterna e poi tutte scene in giardino e location ricostruite.

Comincio a sospettare che l'amministrazione comunale abbia pagato delle tangenti alla produzione perchè scegliessero la città come luogo di ripresa, oppure che, per senso patriottico, agli sceneggiatori piaccia ambientare le loro fiction una per regione, alla maniera del libro Cuore di De Amicis.


I personaggi
Della serie: l'anacronismo regna sovrano.

Lei
Io penso che, se fosse per i libri e le fiction, l'Ottocento sarebbe stato popolato solo da suffragette e non da donne miti e sottomesse agli uomini.
Queste forze della natura sono sempre affamate di indipendenza e se ne strafregano della loro reputazione, così come delle malelingue, lasciate che dica che la cosa era abbastanza improbabile, specialmente ai livelli medio borghese che fanno tanto trasgressione storica.

Indipendenza per una ragazzetta figlia di ricchi industriali e cresciuta nella bambagia? Forse... ma poco probabile, una del genere sarebbe stata indottrinata fin da piccina sul fatto che il suo matrimonio avrebbe dovuto essere con un rampollo delle importanti famiglie storiche della città, oppure con un ricco finanziatore dell'industria di famiglia, tanto per cementare le alleanze; i genitori non avrebbero permesso per nessun motivo che lei si maritasse col primo giornalista di passaggio, tantomeno se mezzo rivoluzionario e indipendentista come Sallustio.
E aggiungo, non l'avrebbero permesso neppure se lei ne fosse rimasta incinta, l'avrebbero fatta abortire oppure sposare di fretta col prescelto spacciando il bimbo per suo, dopotutto i matrimoni, oltre un certo livello sociale, non erano fatti certo per amore... ma anche non troppo in alto...
Se avete visto un'altra fiction tv, questa volta ambientata nell'Italia del Sud e intitolata Francesca e Nunziata (con Sophia Loren, Claudia Gerini, Raoul Bova), recitata non troppo bene, ma più attendibile, sapete bene di cosa parlo.


Insomma, la caratterizzazione dell'eroina è la medesima dei libercoli Harmony (vedi Misteri a Penny House e La saga dei Dillhorne), quindi prendete con le dovute cautele le informazioni che vi passano tramite questi prodotti televisivi, non è la BBC.
Negli Harmony almeno si sa a cosa si va incontro, tutti li classificano come letteratura di serie C, qui invece spacciano i comportamenti di Rossella come storicamente attendibili: oh Cielo!
E in quale tempo dovrebbero esserlo?
Nel Duemila?
Non nell'Ottocento italiano, cari, no davvero.
Ecco un altro prodotto ambientato nell'Universo Parallelo delle coulotte inguinali della Stella della Senna.

Senza contare poi il nome...
Adesso faccio la pignola, ma io a Genova ci abito e vi dico che Rossella non è un nome che si senta ad ogni angolo di strada, qui andavano fino a cinquant'anni fa i soliti nomi tradizionali: Rosa, Maria, Caterina, Nicoletta. Per tutte le potenziali scrittrici, vi supplico dal profondo del cuore di essere coerenti col tempo che scegliete e anche con i pregiudizi sociali, avete mai sentito un francese chiamarsi Frédéric? Non ce ne sono molti perchè è un nome tedesco e, si sa, dopo quella questione dell'Alsazia e della Lorena ai francesi i crucchi non stanno simpaticissimi ¬_¬
Ciò che temo è che il nome sia stato scelto per dare un qualche richiamo al kolossal americano di Via col vento, col quale ci sta abbinato come i cavoli a merenda, ma per richiamare l'anticonformismo della protagonista, la vera Rossella O'Hara.
La vera e inimitabile
Scarlett O'Hara
Anticonformismo un paio di palle, e scusate il francesismo.
La Rossella del kolossal, che per chiarezza d'ora in avanti chiameremo Scarlett per non confonderla con la sua omonima zeneize, non è di certo un'anticonformista e rivoluzionaria indipendentista, progenitrice del movimento per i diritti delle donne! Scarlett era una ricca e viziata ragazzina sudista, attaccata anima e corpo ai privilegi degli schiavisti, tanto è vero che non si separerà da quelli neppure a guerra ormai conclusa, neanche dopo aver sposato Rhett.
La Scarlett creata dalla Mitchell è un personaggio antipatico e intrigante, non è fatto per essere buono e bravo o per parteggiare per lei, è fatto per mostrare il lato umano di una storia d'amore da favola, ma con personaggi umani, zeppi di difetti, e, siamo franchi, Rhett non è certo uno stinco di santo... si dice sudista ma sovvenziona anche i nordisti, fa contrabbando, commercia in armi, viene da una famiglia di schiavisti e, in fondo, cerca solo di ottenere vantaggi per sé, in questo è uguale a Scarlett, ma lo è LUI, non la Rossella made in Italy.

Lui
E Giulio Sallustio?
Con lui non gli è riuscito neanche di creare il classico maschio alpha che piace tanto alle amanti delle storie d'amore in costume, come Fabrizio Ristori, per esempio, bello e sfacciato come tutti i protagonisti dei romance da che mondo è mondo.
No, Sallustio è un incrocio tra lo stereotipo dell'uomo ottocentesco e un personaggio pirandelliano, una montagna infinita di cliché e paturnie mentali a iosa.
Fa il giornalista, che per l'epoca era ancora un mestiere di denuncia (è un idealista, clichè n°1), è un calabrese che lavora a Genova (confronto tra le culture, clichè n°2) e rischia di farsi investire dal calesse guidato (male) dalla protagonista (classico incontro alla Harmony, clichè n°3), senza contare che ci prova con lei nei cinque minuti successivi, neanche fosse Casanova fatto nuovamente uomo.

Amore impossibile, lettere che neanche Leopardi riuscirebbe a scrivere, fughe sotto la pioggia, incontri segreti e consumazione della passione.
Matrimonio riparatore.
Massì! Mandiamo pure a spasso quel poco di credibilità che era rimasta alla ricca famiglia di lei e facciamo come se non fossimo nell'Ottocento, ma nel solito universo parallelo.

Dopo tutto 'sto bordello, neanche l'amore felice, ci lasciano, ma scopriamo che Sallustio è infedele e che non ama più la moglie.

Lui sembra fin troppo elegante per fare un lavoro come il giornalista
Io quest'uomo lo ammazzerei di sberle: lei ha lasciato la famiglia ricca per lui e tutti i suoi privilegi, si è fatta un mazzo tanto per ingranare al ritmo di vita dei poveri e per imparare a lavorare e lui le dice che così non si va avanti? Ma io lo uccido a randellate!
Ma vi sembra un personaggio?


I costumi
Alè, altre note dolenti.
Innanzi tutto comincio a sospettare che i costumisti siano due: uno che si occupa di vestire i protagonisti e uno che, invece, è dedicato alle comparse e ai comprimari.
Perchè dico questo? Perchè se il secondo costumista abbiglia i suoi protetti con gusto e coerenza storica, il primo è, in quest'ambito, piuttosto carente.

Qui diamo il meglio: lei con l'abito
da sera e lui da giorno, decidetevi
quando uscire! Bale, volant, pizzi,
guanti e mezza manica sono
inequivocabili + lui in abito da
lavoro...
bah...
Infatti non mi spiego come mai, nella scena del calesse si vedano due donne passeggiare sul lungomare, decentemente abbigliate per l'epoca con paltò, cappellini e acconciature severe, ma appena si inquadra la protagonista eccola in un abituccio succinto stile anni Venti (che, mi permetterete, sembra un po' fuori posto), con le maniche corte [ma le altre avevano il cappotto!] e i capelli naturalmente sciolti e arruffati.
Sì, proprio la figlia di un ricco e trattenuto industriale genovese.
Ma DOVE?!
Certe volte bisognerebbe insegnare ai registi delle fiction che non basta una gonna lunga e qualche merletto per fare una serie "storica".

Non solo, oltre a rischiare la morte del "povero" Sallustio [magari ci fosse riuscita], creando i presupposti di un amore da telenovela, il signorino in questione neppure si sconvolge a vedere una ragazza, che dovrebbe essere modesta e posata, conciata come la più miserevole delle lavandaie, guance rosse, fiatone, occhi concupiscenti [è una parola molto di moda in politica, ultimamente]. Ma stiamo parlando di Rossell Andrei oppure di Bocca di Rosa?
No, tanto per sapere... giusto per chiarirsi le idee.


Conclusioni
È mia ferma, fermissima convinzione che i produttori e gli sceneggiatori della fiction abbiano ceffato di un buon cinquantennio l'ambientazione del loro prodotto.
Mentre una ambientazione da secondo dopoguerra, come quella di Matrimonio all'italiana, La mia casa è piena di specchi, Chocolat, avrebbe visto queste situazioni elencate poc'anzi perfettamente accettabili, o meglio, tollerabili, non altrettanto si può dire di una caratterizzazione storica da fine Ottocento, vi ho spiegato prima perchè, quindi non torno a dilungarmi.


Se una come me, che ha studiato la storia principalmente da autodidatta, vede molti comportamenti assolutamente anacronistici, figuriamoci che strazio dev'essere stato per chi la storia la conosce sul serio!
Poveri professori... io almeno mi indigno, ne parlo male e passo oltro, ma loro che possono fare?

Il vestito nero è molto bello, ma continuiamo a cadere sui capelli disordinati
Aggiungo inoltre che la Pession, che a mio dire è una brava attrice, come interpretazione storica fosse decisamente su altri livelli quando recitava la Principessa Carolina di Napoli in Ferdinando e Carolina, dove c'era la satira e c'era anche un po' di coerenza/decenza storica.

Produttori e sceneggiatori hanno preferito dare risalto alla vicenda amorosa, finendo però nel solito tranello degli imbecilli e sacrificando la parte che riguarda ambientazione, costumi, location, rendendo il prodotto, per i più informati di dettagli storici, indigesto a causa delle troppe cadute di stile.
È proprio il caso di dire che questa Rossella è un'eroina d'alri tempi, oserei aggiungere "altri tempi rispetto a quelli che vogliono farci credere".


Voglio lasciarvi con un aneddoto, tanto per dirvi quanto una simile fiction sia fuori tempo oltre ogni dire, non è una vicenda allegra, ma è reale e la cito da La Patria, bene o male.

6 giugno 1886
Povera Italia

In un paesino sui monti attorno a Pistoia un corteo funebre si avvia al cimitero. In testa due preti, poi la bara con una corona di rose e ginestre, poi una decina di bambine. Nessun altro, né uomini, né donne, né ragazze. L'intero paese di Porciano, l'infame Porciano, è rimasto in casa per desiderio della morta.
La morta è la maestrina Italia Donati. È arrivata in paese un paio d'anni prima, guadagna quarantacinque lire al mese con cui mantiene, oltre a se stessa, tutta la famiglia che abita a pochi chilometri. Prende alloggio in casa del sindaco dove, al piano di sotto, ha sede anche la scuoletta. Ha 20 anni, ha entusiasmo, è gentile e affabile. Ma ha un difetto fatale: è bella.
Immediatamente cominciano i pettegolezzi. Al sindaco, bell'uomo con barbetta bionda, che vive disinvoltamente con la moglie e un'amante, viene attribuita anche la conquista della maestrina. Poi si mormora del figlio del sindaco. Poi si sussurra del brigadiere dei carabinieri. La povera Italia è oggetto continuo di sorrisetti, allusioni, insinuazioni, talvolta di insulti aperti.
La ragazza chiede il trasferimento; le assegnano una scuola in un paesetto vicinissimo che comunque, per bocca del sindaco, rifiuta lo «scarto di Porciano». Italia non ha amici, nessuno che la difenza e allora chiede lei stessa un esame clinico ufficiale sulla propria verginità. Medico e ostetrica confermano e la cosa viene annunciata al consiglio comunale.
Non siamo in uno sperduto villaggio africano, non siamo nel Medioevo, ma nella civilissima Toscana, culla del Rinascimento, terra di grandi personaggi che hanno dato gloria e fama all'Italia. Ma Italia, la maestrina, non esce dal cerchio infernale del gossip. Ricominciano le voci, i sospetti, le certezze assolute che stavolta sia incinta. Troppo pallida, troppo sciupata e trasandata.
La ragazza è alla disperazione. Scrive alcune lettere, poi si allontana dal paese verso il mulino, raggiunge una specie di piccolo stagno fangoso tra due pareti di roccia, lasciain terra il grembiule rosso e si getta nell'acqua. Una donna di passaggio riconosce il grembiule, sospetta il peggio e quando lo stagno viene lentamente svuotato, appare infatti la sagoma della maestrina, morta per difendere il suo onore.
In una delle lettere chiede un'altra perizia sulla propria illibatezza e di essere sepolta nelmalandato cimitero, senza la partecipazione degli infami. Sulla lapide, in vernice rossa, le sole iniziali ID. Non c'è una vera inchiesta, nessuno è indagato, tutti giurano di essere stati suoi amici, il parroco ammette di aver sentito quelle maldicenze e di non avergli dato peso: erano solo voci di paese.

Carlo Fruttero, Massimo Gramellini,
La patria, bene o male
Mondadori 2010


Questa era la realtà dell'Italia a cavallo tra i due secoli, la realtà di Italia Donati, di un tempo in cui le maldicenze ti distruggevano la vita e dove le ragazze arrivavano vergini al matrimonio e lo consideravano un loro dovere, non un optional che tutti cercavano di circumnavigare, come ci fanno credere libri e film. Se una non era illibata, il marito poteva rispedirla alla famiglia e mandare a monte l'accordo di matrimonio legittimamente, essere caste e modeste era un comportamento che solo alcune categorie di persone si sarebbero sognate di infrangere e SOLO, ribadisco, per necessità: se avevi le voglie, aspettavi di sposarti e poi ti facevi l'amante.
Nessuno avrebbe tollerato che una ragazzetta appena fiorita in donna avesse una relazione clandestina con un uomo, anche per il semplice fatto che qualcuno l'avrebbe comunque saputo, suo padre sicuramente perchè era ricco e la servitù di fiducia in casa ci stava per quello, per riferire ciò di cui si chiacchierava ai piani bassi, dove le dicerie volavano.

Molto romantico ¬_¬
Lui sembra pronto per un matrimonio e lei... che cosa sono quelle spalline? Assolutamente no!
Le ragazze sospettate di non essere più illibate si sottoponevano addirittura all'umilianzione di un esame ginecologico, che per l'epoca era il massimo della vergogna, perchè di certe cose non se ne parlava, solo le malelingue avevano campo libero sull'argomento sesso e non c'era modo di difendersi senza sembrare volgari.
Italia Donati è storia, dimenticata, ma comunque storia.
Rossella Andrei è fiction, una storia d'amore che fa anche sognare, ma comunque fiction.
Io vi chiedo di riflettere solo su questio.

Poi, al di là di tutto e come ogni cosa, può piacere come no.
E so anche benissimo che fare è molto più difficile che criticare.

Ma ho scritto questo post non solo pensando a Italia, ma sentendo insultata in questa fiction troppo leggera il sacrificio e la vergogna di molte, moltissime donne che hanno combattuto per la loro indipendenza minima, non per arrivare ai libri e alle vicende dei datari storici, non è il caso di essere la prima donna medico o la prima in politica per dare un esempio, basta anche essere una delle tante che hanno fattoqualcosa per coloro che sono venute dopo, ma tante non erano.
Erano poche, distrutte dalla stessa società, emarginate, derise, incomprese, portate alla disperazione e a scelte terribili, poi dimenticate, archiviate come dicerie. Perfino il parroco mente. Che vergogna.
Forse questo dovevano rappresentare in una fiction. E la mia critica è soprattutto alla leggerezza di una fiction che ci presenta un Ottocento come il Duemila, dove tutto è libero e senza conseguenze: non è così, l'Ottocento era quasi come il mondo dei talebani, impariamolo perchè altri possano impararlo da noi e non lasciamo credere che fosse un mondo felice di rose e fiori, è importante anche per la nostra storia.


Con affetto e anche un po' commossa,




Mauser


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