27 novembre 2009

Il matrimonio tra simbolo sociale e pilastro dei valori culturali

Il post di questa sera riguarda un argomento a me particolarmente caro che si intreccia con molti altri. Vorrei parlare del matrimonio, in particolare cosa rappresentava e che significato aveva per le persone e per la società.

Innanzi tutto è da dire, come ripetuto in mille altri scritti, che il matrimonio era il simbolo stesso della società. Esso incarnava tutti i valori importanti della collettività settecentesca e ottocentesca.
Il matrimonio era la raffigurazione dell'autorità maschilista, nel matrimonio si formava la cosiddetta "piramide femminile" con la rappresentazione dei vari gradini attraverso le figure della madre, della suocera, della tata, dell'amante, della vedova e delle mogli precedenti.

Nel matrimonio si riassumevano le credenze religiose della società, viste come fedeltà, rispetto e devozione, era inoltre un mezzo efficace per riassumere le posizioni dominanti nei confronti dei "temi caldi", ovvero nascita, morte, divorzio, aborto e fedeltà.

Il matrimonio al giorno d'oggi non è più lo specchio della società, certo è un valido mezzo per farne un'analisi, ma di sicuro non è in grado di riassumerla quasi completamente per il semplce fatto che non si tratta più del centro della vita, caratteristica che possedeva invece nei secoli passati.

Il matrimonio non era solo uno strumento sociale per vari fini, ma anche un complesso intreccio di regole dette e non dette, consuetudini più o meno rigide e comportamenti che ci fanno un esempio di una società molto diversa da quella a cui siamo abituati, fornendoci quindi un mezzo di paragone attraverso una istituzione ancora presente, ma che ha progressivamente mutato le sue caratteristiche.

Mi rendo conto che il discorso comincia a farsi complesso e spinoso, spero almeno che non diventi troppo noioso. Inizierò quindi a parlare un po' delle linee generali che regolavano la pratica matrimoniale.

Il fidanzamento
Ovvero ciò che c'era prima. Il fidanzamento era il primo passo dell'unione e rappresentava la fase delle trattative e delle ambascerie. Come per tutte le cose c'erano due motivi per cui ci si fidanzava (e poi sposava), prendendo quindi un impegno sia legale che economico: per amore o per convenienza.

I matrimoni e i fidanzamenti per amore erano rari e considerati sconvenienti, del tutto provinciali. Il matrimonio per amore era una pratica che esisteva tra la povera gente che aveva poco da guadagnare e da perdere, mentre ad alti livelli imperversavano accordi prenuziali, alleanze strette con lo sposalizio di figli ed eredi e scambi di fortune a mezzo di doti e apannaggi.

Insomma, il matrimonio per convenienza era la pratica più diffusa. A tal proposito cito una frase pronunciata dalla protagonista del libro Il fiore e la fiamma, scritto da Kathleen E. Woodiwiss nella quale Heather parla con suo marito del perchè si sia sposata senza amore:

"L'avresti sposato se fossi stata ancora vergine?"
Heather lo guardò e la prudenza la indusse a dire la verità.
"Non avevo dote. I suoi genitori non mi avrebbero mai accettata per questo motivo. Dunque non l'avrei sposato."
"Non parli d'amore" disse Brandon lentamente.
"L'amore non c'entra col matrimonio" disse Heather con amarezza. "I matrimoni sono combinati per motivi di interesse o di convenienza. Gli innamorati se ne vanno a cercare il piacere nei fienili o nei campi. Per aversi gettano al vento ogni prudenza. La ragione per cui lo fanno va al di là delle mie capacità di comprensione."

Benchè il ragionamento di Heather possa apparire fin troppo cinico, in effetti così era regolata la società a quel tempo e, soprattutto, l'istituzione del matrimonio come "affare" piuttosto che come "contratto".

Questo dialogo ci fornisce anche lo spunto per due riflessioni importanti: la dote e la famiglia.
La famiglia: il suo ruolo nel matrimonio
La famiglia era la vera burattinaia dei matrimoni. Trattandosi di accordi di convenienza abilmente orchestrati da chi dirigeva il casato e il patrimonio, molto spesso i pareri degli sposi non erano neanche tenuti in considerazione, il che di certo non aiutava a creare unioni felici perchè molto spesso si venivano a creare coppie dove i due fidanzati si trovavano addirittura insopportabili.
Se vogliamo questa può essere anche una delle ragioni per cui la prostituzione era una piaga così difficile da estirpare in una società puritana come quella di epoca vittoriana.

Erano i parenti, tutt'al più lo sposo che prendevano gli accordi per il matrimonio, ovvero la dote e le richieste della famiglia di lei: trattamento, spese, mantenimento, cosa fare in caso di altri figli, come trattare la prole nata dal matrimonio e così via. Le famiglie si prodigavano nel redigere contratti prematrimoniali degni del film Prima ti sposo, poi ti rovino, commedia in salsa romantica con Catherine Zeta-Jones e George Clooney sul divorzio.
Ogni dettagli veniva analizzato e si sceglievano sempre le strade più convenienti.
Alla fine il matrimonio non era altro che una contrattazione dove la parte rappresentata dallo sposo cercava di strappare le condizioni più vantggiose e la famiglia della sposa cercava di alzare il prezzo.
A questo proposito è facile intuire come mai le ragazze da marito venissero così spesso paragonate a cavalle, mucche e altri animali da cui trarre profitto, piuttosto che esseri umani dotati di una loro dignità.

Allargando inoltre la famiglia, le due casate entravano in contatto, scambiandosi agganci e conoscenze influenti che potevano vantare per elevarsi maggiormente nella scala sociale.

La dote: il matrimonio e la ricchezza
Tasto assai dolente era rappresentato dalla dote.
Essa era costituita da denaro, bestiame, terreni o altri beni che venivano consegnati al marito assieme alla ragazza. Più una ragazza proveniva da una famiglia altolocata o benestante, più la sua dote era faraonica, il che la rendeva un'ottima conquista sia per coloro che volevano assestare la propria posizione sociale ed economica o addirittura acquisirla direttamente dal matrimonio (i cacciatori di dote).

Innumerevoli sono stati i matrimoni contratti per saldare debiti di gioco o di investimenti falliti dove si è sfruttata la dote di lei.

Le ragazze erano molto serie sul concetto della dote perchè ciò le rendeva desiderabili e, allo stesso tempo, conferiva loro quel minimo di autorità. In alcuni casi la dote delle ragazze di casa era accantonata nel corso degli anni fin dalla nascita e si trattava di un patrimonio al quale anche il capofamiglia non poteva attingere, per questo era, insomma, l'unica cosa di cui potevano disporre liberamente.
Una ragazza senza dote difficilmente si sposava.

Nella nostra cultura moderna il concetto della dote assueme quasi le fattezze di un premio per lo sposo per essersi portato via la ragazza, in realtà essa aveva un significato molto profondo per una società dove le donne contavano meno di zero, concetto difficile da passare a noi femministe del terzo millennio allevate a suffragette e baby boom.

Chi ha visto il film Un uomo tranquillo interpretato da John Wayne e dalla bravissima Maureen O'Hara ha una valida rappresentazione del significato della dote per una ragazza. Benchè non si tratti di un lungometraggio ad ambientazione vittoriana o georgiana mi sento davvero di consigliarlo a tutti.

Il corredo: il necessaire per un sposa
Il corredo era l'altra faccia della dote, si trattava della biancheria e degli abiti, delle supellettili e degli oggetti che la sposa portava con sè per iniziare una nuova vita insieme.
Benchè solitamente col termine corredo ci si riferisca a biancheria da casa e da persona, sono capitati casi di ragazze che hanno portato con loro anche cavalli e carrozze e una moltitudine di servi.
Il corredo poteva essere pagato dalla famiglia di lei (in quel caso era detratto dalla dote) oppure dalla famiglia dello sposo, la ragazza passava le giornate del suo lungo fidanzamento a confezionare quello che le sarebbe tornato utile come sposa.
Si ricamavano copriletti e camiciole, babbucce da casa e ventagli. Si decoravano cuscini e carta da lettere.
Negli ultimi giorni prima del matrimonio era consuetudine che le donne di casa si riunissero per ultimare assieme il corredo fornendo alla futura sposa validi consigli dettati dall'esperienza, dal buonsenso e dalla morale.

La fuga d'amore: scappiamo a sposarci!
Benchè i matrimoni d'amore fossero rari, senz'altro non erano estinti.
In quel caso l difficoltà per i due giovani sposi erano notevoli, non solo bisognava riuscire a sposarsi contro il volere delle famiglie, ma occorreva addirittura andare a farlo all'estero! Già, specialmente se la sposa era minorenne per la legge inglese (che a quel tempo prevedeva la maggiore età dopo i 21 anni).
E in quel caso?
Si andava in Scozia.
Gretna era la prima città oltre il confine scozzese ed era la meta prediletta per tutte le coppie fuggiasche d'Inghilterra, lì gli innamorati potevano sposarsi alla maggiore età degli scozzeri, ovvero 16 anni.
Il fabbro celebrava una cerimonia ufficiale nel retro della sua bottega rendendo quindi valido l'atto. Grazie poi all'Atto di Unione, il matrimonio contratto in Scozia era valido anche nel resto del Regno Unito, quindi anche per i fuggitivi.
Molti libri accennano ad una fuga a Gretna: Orgoglio e Pregiudizio dice infatti che Wickham e Lydia sono fuggiti per andarsi a sposare a Gretna e che poi non hanno mai lasciato Londra, finendo quindi per rovinare la reputazione di lei non essendo ufficialmente sposati.
Anche in L'uomo del mio desiderio la protagonista Megan Penworthy e il Duca di Wrothson, travestito da stalliere, sono costretti a fuggire in Scozia per un matrimonio riparatore piuttosto rapido visto che lei era rimasta incinta.
Come accennato la fuga d'amore era solo uno dei motivi per cui si andava a sposarsi all'estero, naturalmente il matrimonio riparatore era ad un gradino piuttosto alto nell motivazioni, fuggire a Gretna permetteva inoltre una cerimonia veloce senza troppe complicazioni legale e giudiziarie, inoltre era anche un'ottima meta per gli approfittatori che, facendo credere alla ragazza di essere innamorati di lei, la conducevano in Scozia e la sposavano contro il volere della famiglia, appropriandosi quindi della di lei dote (magari cospicua) e garantendosi il nome della famiglia di lei assieme al proprio, sebbene questi potessero non essere bene accolti.

Non tutte le famiglie accettavano bene un figlio o una figlia che erano stati costretti a sposarsi in quel modo, in casi estremi, per aver compiuto una scelta sbagliata (ai loro occhi) sulla compagna della vita, questi finivano per essere diseredati ed estromessi dal testamento.

Il matrimonio religioso
Nessuno si fa problemi ad affermare che la società vittoriana fosse bigotta, ma il ruolo del matrimonio è un'ottima cavia da analizzare.
Dal punto di vista teologico esso univa per tutta la vita due persone agli occhi di Dio e degli uomini con un vincolo che nessuno aveva il potere di rompere, a parte la Chiesa Anglicana stessa con validi motivi.

Con il matrimonio si acquisivano obblighi nei confronti di Dio verso la propria sposa e viceversa, tuttavia il matrimonio sanciva sia legalmente che teologicamente la completa sudditanza della donna al marito, del quale era praticamente schiava.
Un esempio semplice è il caso di omicidio: esisteva la pena capitale per questo crimine, tuttavia se una donna aveva ucciso sotto ordine del marito, in quel caso la pena non veniva inflitta perchè una donna era tenuta ad obbedire al consorte e non a pensare agli ordini ricevuti.
Una palese ingiustizia visto che l'uguaglianza degli uomini era già stata redatta qualche decennio prima... ma forse è da dire che l'uguaglianza dei maschi era stata abbozzata, quella tra uomini e donne avrebbe dovuto aspettare ancora un secolo prima di diventare ufficiale.

Se un marito era tenuto a rispettare la moglie, trattarla bene, averne cura e darle dei figli, una donna aveva molti più obblighi verso l'uomo: obbedienza, devozione, umiltà, prendersene cura, praticamente assoluta sottomissione.
Le percosse domestiche erano una triste realtà (purtroppo lo sono tutt'ora) che non creava scalpore. Nel film ambientato nella Francia degli anni '50 Chocolat con Juliette Binoche e Johnny Depp (un fantastico Johnny Depp ♥_♥) l'amica di Vianne, Josephine, viene ripetutamente maltrattata e picchiata dal marito Serge e sarà solo quando avrà il coraggio di denunciarlo pubblicamente, fuggendo di casa e vivendo la vita come desiderava che il resto del paese apprenderà la realtà domestica di quella casa, indignandosi, ma non scoprendo davvero nulla di nuovo.

Questa è la frase con cui finalmente Josephine si libera della tirannia del marito

Serge: Non lasciarmi. Siamo ancora sposati agli occhi di Dio!
Josephine: Allora deve essere cieco.

Il divorzio: la parola proibita
Il divorzio era considerato immorale. E come quasi tutte le cose immorali, molto praticato.
E' scontato che con le premesse che sono state fatte sul matrimonio, molte non arrivassero al "finchè morte non vi separi". Moriamo tutti, ma moli non insieme.
Insomma, quando un uomo e una donna riuscivano a liberarsi dell'ingombrante influenza della famiglia o erano abbastanza fortunati da avere una scusante, il divorzio era una strada battuta.
Sperare nella morte del proprio coniuge, sebbene non fosse una stranezza con la mortalità dell'epoca, era comunque poco umano, il che rendeva le strade annullamento/divorzio e similari abbastanza frequentate. Chi poteva permetterselo mandava la moglie lontano, in campagna magari o nella tenuta invernale per l'intera durata dell'anno, i coniugi conducevano vite separate, avevano i loro circoli e i loro giri, le loro conoscenze. La comparsa di coppia era una rarità per le occasioni particolarmente mondane.

Il divorzio era una pratica che non permetteva comunque l'annullamento teologico del matrimonio, ma almeno non richiedeva motivazioni particolari; per l'annullamento vero e proprio, gestito da un gruppo di specialisti simile alla Sacra Rota romana, occorreva fornire dei perchè si richiedesse l'annullamente e fornire esempi e causali con testimoni. I motivi dovevano andare contro alcune delle leggi divine, tra cui il più utilizzato ero senza dubbio la non consumazione del matrimonio.

Le tre regole di validità di un matrimonio
Paradossalmente di solito venivano a mancarne due su tre, ma anche il 3 a 3 era piuttosto quotato.
  1. Libertà di scelta. Gli sposi non dovevano aver subito pressioni e dovevano aver preso con coscienza la decisione di sposarsi. Come si è detto sopra, non erano loro che si occupavano di questa scelta.
  2. Validità degli atti. Il matrimonio celebrato da un pastore era valido legalmente se questi aveva posto le domande di rito (libertà di scelta, consapevolezza di sè ecc) e depositato gli atti al locale municipio. Se il matrimonio era celebrato solo civilmente (cosa rarissima), occorrevano testimoni alla lettura delle domande di rito, firme varie e che il celebrante fosse autorizzato legalmente.
  3. Consumazione del matrimonio. Dopo la celebrazione il matrimonio doveva essere consumato. Un matrimonio consumato non era valido nè agli occhi di Dio nè a quelli della legge. Il problema era trovare il momento giusto di dirlo.
La sposa perfetta
Una ragazza era considerata una potenziale ottima moglie se possedeva diversi requisiti impotanti. Ella non doveva essere considerata "stupida", doveva avere una buona reputazione e non essere conosciuta per i suoi eccessi al gioco o con il bere (per esempio il punch era piuttosto alcolico).
Doveva avere buona educazione e buone maniere, modestia, fede e carità. Compassione per i più miserabili e spirito lavoratore.
Doveva essere vergine e pia e desiderosa di compiacere il marito in ogni forma egli ritenesse opportuna.
L'educazione eccessiva era un difetto, esattamente come l'avere opinioni e idee riguardo al mondo. Anche uno spirito particolarmente indipendente che si manifestava con un impiego proprio era poco apprezzato.
Doveva frequentare gente rispettabil senza volersi innalzare a livelli superiori.
Doveva avere una dote e un corredo.

Per gli uomini la cosa fondamentale era che avessero i soldi o i mezzi per mantenere la famiglia. Il resto era secondario. Alcune badavano al fatto che non fosse conosciuto come un violento o un frequentatore di bordelli, chissà perchè...

Rebecca la prima moglie. Risposarsi.
Era consuetudine diffusa che le persone si risposassero nel caso divorziassero o rimanessero vedove.
Era quindi abbastanza comune avere coppie con una discreta differenza d'età, magari uomini avanti negli anni che sposavano giovani fanciulle nel fiore degli anni per garantire la discendenza in cambio di potere e denaro. Oppure mature matrone di mezza età che sceglievano giovani mariti scavezzacollo per godere delle grazie della giovinezza una seconda volta.

Solitamente erano gli uomini quelli con l'età più avanzata, anche perchè un gentiluomo iniziava a mettersi alla ricerca di una moglie intorno ai 25 anni. In alcuni casi aveva già un fidanzamento costruito quando era ancora nella culla, in altri il giovane doveva procacciarsi una compagna. Le ragazze da marito, comunque, avevano tutte dai 17 ai 23 anni.

Un uomo che sposava in seconde nozze una ragazza non faceva scandalo, il contrario era invece degno di diventare lo scandalo del prossimo quotidiano.
Nel libro di Lisa Kleypas All'improvviso tu la protagonista Amanda Briars cita un articoletto comparso su un quotidiano dove viene dipinta come una vecchia zitella libidinosa per aver sposato un uomo più giovane di lei di diversi anni.
Senz'altro un comportamento eccessivo, ma che rende bene l'idea di come era considerata l'età nei matrimoni.

L'argomento è lungo da approfondire e penso che come assaggio generale sia sufficientemente prolisso. Approfondiremo un'altra volta quello che ho dimenticato in questo posto, c'è ancora molto da dire, ma come panoramica generale è abbastanza... ^_^
Spero di non avervi annoiato troppo, ci rivediamo presto!

Baci



Mauser

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